La Pastorale Vocazionale nell'Ordine
Documento che informa sulla Pastorale Vocazionale nell'Ordine e che promuove le varie attività ad essa connesse
Ordine Ospedaliero
di San Giovanni di Dio
Fatebenefratelli
LA PASTORALE VOCAZIONALE
NELL’ORDINE
Edizioni Fatebenefratelli
PREFAZIONE
Questo
documento, che in un certo senso completa la serie dei documenti che negli
ultimi anni sono stati dedicati alla formazione, è di grande significato e
interesse per tutto l’Ordine. Durante la Conferenza Generale dell’Ordine
svoltasi nel 1991 a Malaga in Spagna, la stragrande maggioranza delle Province
ha individuato la maggiore preoccupazione per il futuro nel numero decrescente
delle vocazioni e nella difficoltà di dare un’appropriata formazione a quanti
vengono chiamati dal Signore ad unirsi a noi nell’apostolato ospedaliero.
Questa
preoccupazione non è da considerarsi una reazione esagerata a un innegabile
dato di fatto dei nostri tempi. Per ogni gruppo umano, la propria
rigenerazione è questione di vita o di morte. La perdita di membri per morte o
abbandono e il mancato subentro di nuovi membri hanno un’inevitabile
conseguenza: il declino e, alla fine, l’estinzione del gruppo. Questo vale sia
per i gruppi di carattere secolare che per i gruppi di carattere religioso.
Negli
ultimi anni sono state realizzate numerose ricerche scientifiche per capire
meglio come in una persona nasce, si sviluppa e si radica la vocazione
religiosa.
Da
queste ricerche è emerso molto chiaramente un fatto: la maggior parte, se non
addirittura tutti gli uomini e le donne che abbracciano la vita religiosa, lo
fanno perché sono rimasti colpiti da una determinata persona, di solito un
sacerdote o un religioso, che ha dischiuso loro la porta verso la scoperta
della propria vocazione.
Pertanto
nella Pastorale Vocazionale di un Istituto Religioso, non c’è incaricato,
programma o documento che possa sostituire quell’elemento indispensabile
che è l’impegno personale di ciascun membro ad attrarre e ad incoraggiare nuovi
potenziali candidati.
Giovanni di Dio continua a vivere nel tempo
In
occasione del terzo centenario della canonizzazione di San Giovanni di Dio, il
Governo Generale ha indirizzato all’Ordine un messaggio speciale intitolato
“Giovanni di Dio continua a vivere nel tempo”.
Se
Giovanni di Dio, come siamo fermamente convinti, continua a vivere nel tempo e
ad essere il nostro modello in tutte le nostre attività formati-ve ed
apostoliche, allora egli deve essere il nostro modello anche nella promozione
delle vocazioni.
Un’indicazione
importante sul modo, in cui Giovanni di Dio concepiva il mistero della
vocazione particolare e unica che ciascuna persona riceve da Dio, si trova
nella sua seconda lettera a Gutierre Lasso, dove leggiamo:
«Ognuno deve abbracciare lo stato che Dio gli destina»;
e ancora: «Quando Dio vorrà, l’uno si sposerà e l’altro canterà Messa, e di
tutto quanto io dico qui, non so niente, perché Dio sa tutto».
Queste
parole ci ricordano che la Pastorale Vocazionale, quale apostolato specifico,
non si esaurisce nel compito di reclutare nuovi membri per l’Ordine, ma
raggiunge il suo pieno significato, quando propone di cooperare con Dio,
affinché, come il nostro Fondatore, ciascuna persona possa abbracciare lo stato
che Dio le destina, sia questo lo stato sacerdotale, religioso, coniugale o
celibe.
La
Pastorale Vocazionale richiede esattamente quel tipo di fiducia nella grazia di
Dio e quel tipo di rispetto per l’azione dello Spirito nella vita degli altri,
che troviamo così fortemente radicato in San Giovanni di Dio.
Questo
sentimento di fiducia e di rispetto traspare molto chiaramente dal
comportamento che Giovanni assunse nei confronti di Luigi Battista, il quale ci
viene descritto come “un giovane piuttosto
irrequieto della città di Jaén animato dal desiderio di essere compagno del
Santo nell’ospedale, che gli scrive una lettera che è tutto un programma di
vita religiosa. Aveva molta confidenza con il Santo” (P. Miguel Garcia
Blanco, Lettere di San Giovanni di Dio, Indice delle Persone, Curia Generalizia,
1984).
Dalla
lettera che Giovanni di Dio scrisse a Luigi Battista e che sicuramente ha
costituito soltanto una parte del processo di accompagnamento del giovane, si
può vedere che, per Giovanni di Dio, l’accompagnamento di un candidato doveva
muovere innanzitutto da un’affettuosa relazione personale con l’interessato.
Giovanni
di Dio dimostrava una profonda comprensione per i problemi e le difficoltà del
candidato e, allo stesso tempo, un grande rispetto per l’individualità della
persona e una grande fiducia nell’azione di Dio.
Non
aveva nessuna fretta, anzi, si preoccupava di lasciare tempo al tempo, affinché
la questione potesse essere meditata in profondità ed essere raccomandata al
Signore nella preghiera.
Aveva
acquisito una conoscenza tale del candidato che gli permetteva di parlargli
francamente ed intuitivamente delle sue debolezze ed esigenze umane nonché di
proporgli un programma di vita atto a facilitarlo nella sua ricerca della
volontà di Dio.
Infine
si preoccupava di presentare al giovane un’immagine positiva e veritiera della
forma di vita a cui andava incontro, mettendo in risalto sia le sue gioie che
le sue fatiche.
Sono molte le esperienze
nella nostra vita di ospedalieri che ci accomunano a nostro Padre San Giovanni
di Dio. Come per lui, c’è per quasi tutti i nella vita un momento, in cui
incontriamo qualche ha bisogno di aiuto per scoprire la sua vocazione
particolare. Alcuni di noi sono formalmente incaricati di aiutare ed
accompagnare queste persone.
Guardando agli ultimi due
millenni della storia del Popolo di Dio, appare chiaro e fuori di ogni che ci
saranno sempre uomini e donne che troveranno soltanto nella vita religiosa
l’ambito in cui riescono ad esprimere, in tutte le dimensioni, la loro
relazione assoluta con Dio e il loro impegno incondizionato a favore del
prossimo.
Tra di loro ci saranno
uomini, che riusciranno a il loro entusiasmo e impegno per l’ospitalità
soltanto consacrando la loro vita, mediante i voti religiosi, al servizio della
guarigione secondo lo stile di San Giovanni di Dio. Nessuno di noi può sapere,
quanti di questi uomini esisteranno di volata in volta nel futuro; questo è un
dato che sa solo Dio.
Una cosa
che però sappiamo con sicurezza, è che dobbiamo fare la nostra parte per
aiutare gli uomini predestinati, a trovare la via tracciata per loro da Dio.
Gesù ci dice che dobbiamo pregare il Signore “affinché mandi operai nella
sua messe”. Il nostro pregare deve articolarsi sia attraverso la parola che
attraverso l’azione.
Questo
documento mira da un lato ad informare sulla Pastorale Vocazionale e dall’altro
a promuovere le varie attività connesse ad essa. Coloro che sono ufficialmente
incaricati della promozione delle vocazioni, troveranno in questo documento le
basi per i loro progetti e le linee-guida per i loro programmi. Il documento
vuole inoltre ispirare ed aiutare tutti i Confratelli a riscoprire e a rivalutare
quell’elemento indispensabile della Pastorale Vocazionale che è l’impegno
personale di ciascun membro dell’Istituto.
Ringrazio
le numerose persone che hanno partecipato e contribuito all’elaborazione del
documento, tra cui figurano i membri della Commissione Generale di Animazione
e quelli della Commissione Permanente nonché molti Confratelli incaricati della
promozione delle vocazioni, che hanno preso parte alla stesura sia
individualmente che in incontri convocati ad hoc. Il documento ha beneficiato
anche dell’aiuto di qualche esperto esterno all’Ordine. Se lo leggeremo e
studieremo con attenzione agendo poi di conseguenza, sono sicuro che ci aiuterà
a comunicare con sempre maggiore incisività “la gioia che sperimentiamo nella
fedele sequela di Gesù (che) ci spinge a offrire agli altri la possibilità di
condividere la nostra vita” (Cost. 53b).
Fra Brian O’Donnell O.H.
Priore Generale
Roma, marzo 1992
INTRODUZIONE
1. Animati dalla presenza dello
Spirito
Come tutta la Chiesa, l’Ordine si sta interrogando
con preoccupazione sulla diminuzione delle nuove vocazioni e sull’aumento
dell’età media dei Confratelli. Se consideriamo la vocazione nella sua
dimensione globale, vale a dire, riferita sia a quanti, come noi, hanno già
risposto alla chiamata del Signore, sia a quanti stanno per, o potrebbero,
essere chiamati, allora anche per noi “il problema delle vocazioni è il
problema fondamentale”[1].
Talvolta si riduce questa problematica alla diminuzione delle nuove vocazioni,
con il rischio di non indagare tutte le cause che determinano questa
diminuzione.
Non c’è dubbio che una delle cause è la mancanza di vitalità in noi
Confratelli che formiamo attualmente l’Ordine, anche se faremo bene a non esagerare
per evitare inutili colpevolizzazioni e avvilimenti. Da diversi Capitoli
Generali ci viene proposto, con parole e in sfumature diverse, lo
stesso problema fondamentale, problema che vi invitiamo a rileggere
nelle Dichiarazioni del LXII Capitolo Generale[2].
Di fronte a questa realtà si può reagire in molteplici maniere: l’Ordine
punta sulla speranza[3].
La speranza è figlia della fiducia e noi abbiamo fiducia: fiducia nello
Spirito, fiducia in tutti i Confratelli dell’Ordine e fiducia nella gioventù.
Confidiamo
pienamente nello Spirito Santo, fonte dell’evento vocazionale che in noi prende la via dell’ospitalità.
La nostra fiducia è tanto più forte, in quanto la vocazione di noi
Fatebenefratelli è orientata ad annunciare il Vangelo ai poveri e ai malati,
per i quali Gesù di Nazareth optò in maniera speciale e Dio non abbandona né
abbandonerà mai.
2. Fiducia
nella risposta di tutti i Confratelli
Guardiamo con fondata
speranza a tutti i Confratelli: confidiamo nel fatto che sappiano accogliere
positivamente e rispondere con generosità agli sforzi che l’Ordine sta
realizzando per conseguire un rinnovamento profondo del significato
della nostra consacrazione nell’ospitalità.
Desideriamo rivolgere un
appello concreto alla responsabilità di tutti per la Pastorale Vocazionale. In
questo senso sarà opportuno mettere in luce le motivazioni che devono
animarci, tra le quali le Costituzioni ci indicano come fondamentali:
-
il desiderio di
trasmettere la gioia di sentirci amati in maniera speciale dal Signore e
l’esperienza di felicità che nasce dalla nostra vita fraterna e dal nostro
servizio comune ai malati e ai bisognosi;
-
la contemplazione di
un mondo in cui a tanti poveri e infermi è preclusa la gioia di poter sperimentare
l’amore di Dio così come si manifesta negli uomini e nelle donne consacrate a
Cristo e all’edificazione del Regno;
-
a responsabilità di sentirci testimoni di
Cristo pertanto mediatori dello Spirito che ha bisogno di noi per poter
suscitare nuove vocazioni per l’Ordine”[4].
3.
Fiducia nella gioventù
Abbiamo piena fiducia nei
giovani: nei loro ideali e nelle loro aspirazioni, nel loro impegno per
costruire un mondo più umano e vivibile; confidiamo nella loro generosa
disponibilità a mettersi al servizio dei bisognosi, nel loro desiderio che
regni la solidarietà e l’uguaglianza dei diritti tra gli uomini e i popoli.
L’Ordine sa delle difficoltà
che incontrano i giovani nel portare avanti le loro opzioni e dice loro:
«Il nostro desiderio è che sappiate mantenere la
capacità di essere utopici..., che sappiate lavorare per trasformare il mondo,
affinché spariscano l’ingiustizia, la violenza, la povertà, la fame».
«Vorremmo che arrivaste a scoprire quanto sia
importante nella vita sapersi donare agli altri. Vorremmo che scopriste la
figura di San Giovanni di Dio».
«Vi invitiamo a venire nelle nostre opere e a conoscerle
e a condividere le nostre speranze. Vi invitiamo a lasciarvi interpellare da
Dio nell’orientamento della vostra vita».
«Desideriamo il meglio per il vostro futuro» [5].
4. Scopo di questo documento
L’Ordine, con questo documento, intende in primo luogo stimolare
e sostenere i Confratelli a vivere in pienezza la propria vocazione.
Inoltre vuole imprimere nella coscienza di tutti l’urgente responsabilità a che
ciascuno si senta e operi come “agente” della Pastorale Vocazionale, qualunque
sia il servizio che gli è stato affidato dall’Ordine. Sebbene la Pastorale
Vocazionale esiga, in alcuni momenti precisi, propri strumenti e metodi di
attuazione, questi sono destinati a fallire senza il supporto della testimonianza
viva di coloro che formano attualmente l’Ordine.
Ultimo in ordine di spazio, ma non di importanza, questo documento si
prefigge di definire le basi della Pastorale Vocazionale all’interno dell’Ordine,
il cammino da seguire nell’accompagnamento e i criteri fondamentali da
applicare nell’ammissione dei candidati.
5. Destinatari
Destinatari di questo documento sono tutti i Confratelli professi
dell’Ordine, anche se dovrà essere tenuto in conto naturalmente con particolare
attenzione dal Governo Generale e dai Governi Provinciali, dai Formatori e
dagli Incaricati della Pastorale Vocazionale.
CAPITOLO I
PARTE TEORICA
6. Pastorale Vocazionale
Intendiamo la Pastorale Vocazionale come l’azione della Chiesa volta ad
educare e ad accompagnare gli adolescenti e i giovani nel processo di crescita
della fede, affinché scoprano la propria vocazione personale, orientandoli
verso una scelta libera e responsabile.
Per l’Ordine, la Pastorale Vocazionale è l’impegno di tutti i Confratelli
a suscitare nuovi membri, collaborando con lo Spirito, affinché prendano
coscienza della loro chiamata a vivere il nostro carisma e la nostra missione
nella Chiesa e accompagnandoli nel processo di maturazione della fede,
affinché rispondano incondizionatamente alla volontà di Dio su loro.
In ogni caso la Pastorale Vocazionale va concepita in senso dinamico e
progressivo, dove il passaggio a ciascuna delle tappe formative non è il risultato
di un momento specifico, cronologico, ma il frutto maturo di tutto un processo
di crescita personale e di confronto con la volontà di Dio.
7. Pastorale Vocazionale e Pastorale
Giovanile
Non è
possibile comprendere e tanto meno realizzare un’adeguata Pastorale
Vocazionale, se non nella cornice di un processo di educazione e di esperienza
della fede. A questo processo è orientata la Pastorale Giovanile.
Questa e la Pastorale Vocazionale si esigono e si completano a vicenda. “La
pastorale specifica delle Vocazioni trova nella pastorale giovanile il suo
spazio vitale. La pastorale giovanile diventa completa ed efficace, quando si
apre alla dimensione vocazionale”1.
La
Chiesa ha una grande responsabilità nel suo insieme verso gli adolescenti e i
giovani: deve organizzarsi in modo che possano realizzare il cammino personale
di conoscenza di Cristo e del suo mistero di salvezza, perché, al momento
opportuno, possano scoprire la loro vocazione specifica nella Chiesa e così
optare coscientemente e responsabilmente.
Sarebbe
poco onesto, da parte nostra, pretendere di raccogliere i frutti della
Pastorale Vocazionale, senza partecipare, a seconda delle possibilità e delle
circostanze, alla Pastorale Giovanile, o inseriti negli ambiti parrocchiali e
diocesani o in proprie organizzazioni e strutture.
A tal
fine le Province dell’Ordine sono chiamate a potenziare movimenti o gruppi giovanili
affini al carisma e allo spirito del nostro istituto, dove potranno
svilupparsi e emergere le possibili vocazioni all’Ordine tra i giovani formati
e impegnati cristianamente nel servizio ai bisognosi.
Nell’accompagnamento
e discernimento vocazionale dobbiamo tenere presenti le seguenti basi: teologiche,
carismatiche, antropologiche e pedagogiche.
8. Basi teologiche
Il soggetto
principale della vocazione alla vita religiosa è Dio: è Lui che inizia, fomenta
e porta alla pienezza il dialogo di amicizia con la persona chiamata. Pertanto
la decisione personale per la vita religiosa poggia su una fede cristiana
autentica e personalizzata che spinge
il chiamato a orientare la sua esistenza partendo da Cristo e lo impegna a
trasformare le realtà di questo mondo secondo il messaggio evangelico.
Sarebbe utopistico pensare la vita religiosa
sganciata da una vita cristiana autentica, tanto più se
si tiene conto della vocazione
comune di tutti i cristiani alla santità.
9. Basi
carismatiche
La
vocazione alla vita religiosa è, anzitutto, un dono che Dio, spinto dal suo
amore, concede alle persone che vuole associare in modo speciale alla vita e
alla santità della Chiesa. Mediante questo dono, il cristiano che si sente
chiamato, decide di vivere in comunione di vita con Gesù, di partecipare
all’annuncio del Regno e di seguirlo, imitando più da vicino il suo modello di
vita costruito sulla verginità, sulla povertà e sulla obbedienza per il regno
dei cieli.
Rispondendo
alla chiamata di Dio, il religioso accetta che Lui “si impadronisca” di tutta
la sua vita a nuovo e speciale titolo: Dio lo trasforma in sua proprietà e
appartenenza, lo consacra: tutto l’essere dell’uomo rimane unto e “posseduto”
dalla santità di Dio.
Seguire
Cristo in questo modo speciale, implica la decisione di unirsi a una comunità
concreta, di accettare come progetto personale di vita il modo peculiare con
il quale un gruppo di credenti prolunga nel tempo, e rende visibile agli
uomini, una caratteristica della vita di Cristo, espressa principalmente nella
fraternità e nell’apostolato dell’istituto.
10. Basi
antropologiche
La
risposta a Dio da parte del credente è autentica soltanto nella misura in cui
il soggetto è capace di prendere decisioni. Quando la decisione da prendere è
talmente importante che da essa dipende la felicità della persona, diciamo che
si trova di fronte a un'opzione fondamentale. Questo
sostanzialmente è il caso nella scelta vocazionale, dove la persona,
in piena coscienza e consapevolezza, affronta gli interrogativi fondamentali
dell’esistenza umana e decide il futuro della sua vita, chiamata alla comunione
d’amore.
Non si
può separare la vocazione universale della persona umana, chiamata a
realizzarsi nell’amore, dalla vocazione alla vita religiosa. Perciò la Chiesa
insiste sulla necessità che i candidati dimostrino una maturità umana in
sintonia con la loro età2.
11. Basi
pedagogiche
L’educazione
non è un semplice processo di trasmissione; è piuttosto un processo
“d’illuminazione” che suscita vita e desta energia, un processo, ove il clima
d’amore è l’unica atmosfera adatta, affinché la relazione educatore-educando
raggiunga il livello di profondità richiesto.
Per
cooperare con lo Spirito alla continuità di un carisma viene richiesta la
trasmissione di certi valori e l’impegno a renderli attrattivi e possibili; è
questo un aspetto fondamentale di ciò che potremmo definire come pedagogia
indiretta per le vocazioni. In questo processo il Confratello formatore è
chiamato con particolare forza a fornire alla persona impegnata in una ricerca
decisiva, gli elementi che le permettano di capire se la vocazione ospedaliera
possa realmente essere l’ambito nel quale realizzarsi come persona ed essere
felice.
12. La
vocazione in generale
In primo
luogo, la vocazione è l’aspirazione di una persona a uno stile di vita, a
un’attività, a una situazione nella quale spera di realizzare se stessa; è la
decisione che determina, condiziona e contiene, in qualche modo, tutte le
decisioni che si dovranno o potranno prendere successivamente nella vita. Per
questo motivo occorre provare piacere, desiderio e attrazione per essa, poiché
la vocazione non si può vivere per costrizione o per obbligo.
Tuttavia
bisogna riconoscere che il desiderio e la volontà di perseverare non sono
sufficienti; occorrono infatti doni naturali e determinate attitudini,
essendo la vocazione un modo concreto di essere e di vivere in cui capacità
individuali e desiderio di realizzarsi debbono necessariamente incontrarsi. E’
questa unione che costituisce la forza della vocazione. Perciò la vocazione è
soltanto realizzabile nella misura in cui si ama la missione-compito che esige.
Per una
persona, seguire la sua vocazione, vuol dire “creare” il proprio cammino. Ciò
implica il riferimento a sicuri valori, specialmente a uno che unifichi poi
tutti gli altri.
Per
poter impostare in modo valido e serio la propria vocazione bisogna prima di
tutto essere persona, nel senso pieno della parola, perché non si può operare
una scelta globale sulla propria vita, se prima non si ha imparato a dare unità
alla propria esistenza come mistero e avventura.
13. La
vocazione cristiana
La
persona che orienta la propria esistenza partendo dalla pietra angolare Cristo
e si converte a Lui, entra a far parte del nucleo di uomini e donne che hanno
votato la loro vita a trasformare questo mondo nel Regno di Dio.
Se
questa conversione è reale e radicale, questa persona subordinerà tutte le sue
scelte e tutti gli altri valori, al primato assoluto di un valore chiamato
GESÙ DI NAZARETH.
Il Nuovo Testamento racchiude la rivelazione definitiva di un Dio
Padre, che ha destinato ogni essere umano a essere membro di un’assemblea di
fratelli, dove potrà riprodurre, a suo modo, l’immagine del Figlio unigenito.
La vita
cristiana cresce e si sviluppa in seno a un popolo di chiamati, dove ognuno è
personalmente chiamato a vivere la nuova ed eterna alleanza in Gesù Cristo, morto
e risuscitato, e a fare sua l’esperienza dell’amore cristiano animato dallo
Spirito Santo.
14. La vocazione di donazione
radicale nella vita religiosa
Chiamiamo
vocazioni di donazione radicale quelle che esigono dalla persona una donazione
totale e assoluta di se stesso, non solamente sul piano dell’opzione
fondamentale umana e cristiana, ma anche sul piano della realizzazione completa
della vita nella sua proiezione.
La
vocazione religiosa è anzitutto una chiamata di Dio, un dono concesso per amore
alle persone che Egli desidera associare in modo speciale alla vita e alla
santità della Chiesa3.
La
consacrazione religiosa è un modo di vivere la vita cristiana. La persona che
si sente chiamata alla vita consacrata attualizza l’esperienza dei discepoli
scelti da Gesù per vivere con Lui e annunciare il Vangelo4
.
Il fatto di vivere i consigli evangelici non ubbidisce ad
un’iniziativa dell’uomo, anche se l’uomo vi risponde in piena libertà. Dal
momento in cui si aderisce a questa volontà di Dio, la verginità, l’obbedienza
e la povertà diventano la “legge di vita” per il religioso. E così che lo stato
religioso acquista il suo sigillo naturale, delimitandosi e costituendosi
nella Chiesa come uno stato di vita teso appunto alla professione dei consigli
evangelici 5.
Tutto
ciò implica una risposta generosa, libera e responsabile da parte del chiamato,
una risposta che coinvolge tutto il mondo della sua persona e per la quale è
naturalmente essenziale l’aiuto e la forza della grazia di Dio.
La risposta
è d’importanza vitale per la persona, poiché implica un progetto esistenziale
che scarta altre possibili scelte, e pertanto, deve essere all’altezza di
tutti i requisiti che una scelta di tale portata esige. Oltre alle motivazioni
di carattere religioso, senza le quali la risposta alla chiamata divina
sarebbe fondamentalmente una frode, è necessario che, nel momento di decidere,
la persona conosca belle tutte le implicazioni che questa sua scelta comporta.
Il soggetto ha di fronte a sé varie possibilità di dare corpo e voce
alla sua vocazione nell’ambito più ampio della vita cristiana e della vita
religiosa. Di fronte a queste possibilità di scelta, il singolo è chiamato a
discernere la volontà di Dio, senza limitarsi in maniera unidirezionale alla
comprensione degli elementi vocazionali. Occorre motivare l’impegno personale,
orientato alla realizzazione del senso della propria vita che si andrà
scoprendo progressivamente.
15. Vocazione ospedaliera
La vocazione per il nostro
Ordine suppone di aver ricevuto il dono peculiare con il quale lo Spirito
arricchì la vita di Giovanni di Dio e che si conserva vivo nella Chiesa dopo
più di quattro secoli. Mediante il carisma dell’ospitalità, manteniamo presente
nel mondo il Cristo compassionevole e misericordioso del Vangelo, che passò
facendo il bene e risanando tutti 6.
Seguire
Cristo come Fatebenefratello significa decidersi a:
-
assumere i
sentimenti di Cristo compassionevole e misericordioso nello stile di San
Giovanni di Dio;
-
incarnare la sequela
di Cristo, secondo il programma delle beatitudini, consacrandosi nella Chiesa
all’ospitalità;
-
valorizzare e amare
l’uomo che soffre e fare di lui “il centro” della propria missione apostolica
e di tutte le proprie preoccupazioni;
-
vivere in comunione fraterna
l’amore a Dio e al prossimo, in sintonia con lo stile di vita e il progetto
comunitario che ci derivano dalla Regola, dalle Costituzioni e dalle tradizioni
dell’Ordine.
16. Criteri fondamentali del
discernimento vocazionale
La vocazione alla nostra vita come Fatebenefratelli
esige che siano rispettati pienamente i criteri per la selezione dei candidati
che il Magistero della Chiesa ripete da Pio XI al Vaticano II:
«In tutta la selezione degli alunni e nel
sottoporli a debita prova, sempre si abbia fermezza d’animo, anche nel caso
doloroso di penuria di clero, non essendo possibile che Dio permetta che la sua
Chiesa manchi di ministri, se i degni vengono promossi e i non idonei sono
tempestivamente e paternamente indirizzati verso altre professioni ed aiutati
a dedicarsi all’apostolato laicale, nella consapevolezza della loro vocazione
cristiana» 7.
Inoltre
vanno ricordati i seguenti criteri:
-
La
vocazione è una realtà vitale, che investe tutta la persona e si estende a tutte le istanze della propria
relazionalità. Non si tratta di un “complemento” e tanto meno di una
“parentesi” nell’ambito della propria esistenza. Fallire o riuscire nella
scelta vocazionale significa così anche fallire o riuscire sul piano
esistenziale.
-
La scelta
vocazionale è un atto profondamente umano, che esige di impostare e contemplare la vita dalla profondità
dell’essere, superando la tentazione di rimanere attaccato alla superficie,
alle apparenze, In altre parole: ci porta a considerare le attitudini
e le predisposizioni.
Per calarsi validamente e seriamente nella propria vocazione e collaborare con
gli altri al suo discernimento, bisogna avere un buon livello di maturità
personale.
-
La
vocazione ha la dimensione del cammino, dimensione che invita a utilizzare il tempo come fattore di
discernimento. Così va rispettato il “tempo di Dio” e il “tempo dell’uomo”: Dio
non forza mai le leggi del processo di maturazione dell’uomo. Bisogna saper
aspettare e saper accettare anche eventuali momenti di regressione, dato che
la persona non è fatta soltanto di successi e desiderio di pienezza, ma anche
di fallimenti e rifiuti. Chi è destinato ad accompagnare questo processo di
discernimento, deve stare attento a non forzare o precipitare le cose.
-
La
vocazione ha una stretta relazione con la comunità, che potremmo definire partendo da una duplice
constatazione:
- La vocazione suppone l’accettazione degli aspetti carismatici e
strutturali che distinguono l’istituto prescelto all’interno della
Chiesa e della società, aspetti che costituiscono un dono e allo stesso tempo
un’esigenza irrinunciabile per l’Ordine quale garanzia e fedeltà alla propria
identità che niente e nessuno ha il diritto di offuscare o snaturare.
Solamente quando ci presentiamo al mondo nella nostra identità di ospedalieri
e siamo capaci di continuare nel tempo gli atteggiamenti e i gesti che Giovanni
di Dio visse come dono dello Spirito, esprimendo un aspetto caratteristico
della vita di Gesù di Nazareth, l’Ordine può conservare la sua forza di
attrazione.
- L
‘aspetto comunitario della trasmissione e del discernimento: è evidente
che la vocazione si trasmette più con la testimonianza che con la parola. Chi
vive la propria scelta vocazionale con tutte le esigenze che comporta e si
sforza di ravvivarla costantemente con l’impegno e la fedeltà di ogni giorno,
trasmette pace e felicità. Questo vivere è allo stesso tempo un “richiamo” e
una “sfida”. Pertanto il migliore aiuto che si può dare a un giovane al momento
di discernere la sua vocazione, è quello di offrirgli una testimonianza valida
e lucida con la propria vita personale piuttosto che proporgli molte teorie.
-
La
vocazione mistero di grazia:
la vocazione non può e non deve essere messa a fuoco soltanto dal punto di
vista antropologico, poiché origine di ogni vocazione cristiana è Dio. E lui
che chiama: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi... »8, sebbene le chiamate di Dio si fanno
voce nelle chiamate della Chiesa e nelle chiamate/necessità degli uomini.
17.
Criteri per la selezione dei candidati
Le Costituzioni al numero 58
indicano quanto segue:
«Il
discernimento sulle capacità e sulla determinazione del candidato di
rispondere alla chiamata di Dio, si attuerà in clima di preghiera e di
dialogo, verificando inoltre se possiede:
-
buona salute fisica e psichica;
-
idoneità intellettuale, morale e spirituale;
-
attitudine a vivere in comunità;
-
atteggiamento di apertura e di servizio dinanzi
al dolore ed alle necessità del prossimo;
-
capacità di prendere decisioni coerenti;
-
un livello adeguato di educazione nella fede e di
apertura all’azione di Dio nella sua vita».
Dobbiamo tenere presenti questi criteri,
applicandoli nel seguente modo:
Età
Normalmente un giovane presenta la sua
inquietudine per la ricerca vocazionale al di sotto dei 30 anni; quando ha
superato questa età, va considerato come un caso particolare che dev’essere
seguito con speciale attenzione e aiutato a chiarire le sue motivazioni di
fondo. Al Postulantato dovrebbero essere ammessi, in linea di massima, soltanto
candidati che abbiano superato i 18 anni.
Studi
Deve essere comprovato che
il giovane sia intellettualmente idoneo e disposto a realizzare il Piano di
Formazione dell’Ordine nel limite delle sue capacità e possibilità. L’impegno
negli studi manifestato nella tappa che precede l’ingresso nel Postulantato,
va considerato come risposta all’inclinazione vocazionale, soprattutto quando
l’età del candidato coincide con la tappa scolastica/formativa normale di
quest’età.
Come criteri generali vanno
richiesti:
-
una preparazione che
permetta al candidato di seguire con profitto il Piano di Formazione dell’Ordine,
vale a dire di assimilare i contenuti del programma formativo durante il
Postulantato e nelle tappe successive;
-
una formazione
cristiana di base equivalente a quella richiesta per ricevere il sacramento
della Confermazione;
-
un titolo accademico
che permetta al candidato di accedere alla formazione professionale, teologica
e pastorale richiesta per poter esercitare la missione dell’Ordine.
-
Per i
candidati di età superiore ai 30 anni l’equipe incaricata della formazione dovrà analizzare attentamente ogni
singolo caso, verificando a fondo le motivazioni vocazionali e gli antecedenti
personali, soprattutto se il giovane non possiede una formazione intellettuale
sufficientemente solida. I risultati della verifica vanno presentati al
Governo Provinciale, al quale spetta decidere in ultima istanza.
Salute
È necessario che il giovane goda di una salute fisica normale e possieda un
buon equilibrio emozionale e psichico. È consigliabile effettuare un test
medico e psicologico prima dell’ingresso al Postulantato.
Storia familiare
Bisogna conoscere l’ambiente familiare in cui
vive, poiché molti comportamenti, che si manifestano man mano nella vita
successiva, si spiegano e si comprendono dalle relazioni vissute nel gruppo
familiare.
Seguendo
i criteri indicati nel Libro della
Formazione, pp. 63-72 e, in particolar modo, p. 73 par. a) 1, è pertanto
opportuno verificare, se il candito ha raggiunto un’adeguata integrazione
della ria personalità ed affettività.
18. Periodo di accompagnamento
A seconda della situazione del candidato, si dovrà stabilire un piano di
accompagnamento personale (Prepostulantato) volto a evidenziare e chiarire le
sue inquietudini. Non serve a nessuno coltivare aspettative vane e false
speranze.
19. Fattori condizionanti del discernimento
vocazionale
La nostra vocazione religiosa-ospedaliera è una forma concreta di vivere
l’impegno cristiano, secondo il carisma che lo Spirito ha concesso a San Giovanni
di Dio; carisma, al quale partecipano quanti seguono il suo stile di vita, e
che richiede il concorso di una serie di circostanze per poter continuare a
svilupparsi con rinnovata fedeltà, trasmettersi in autenticità ed essere
accolto da quanti, nel tempo, vengono chiamati dal Signore a mantenerlo
presente tra i malati e i bisognosi.
Tra i
fattori che maggiormente condizionano il discernimento vocazionale,
sottolineiamo:
-
l’ambiente, la
società, la famiglia, il mondo giovanile, la Chiesa e l’Ordine;
-
le persone
responsabili.
Analizziamo
brevemente ciascuno di questi fattori condizionanti.
20. La
società
Dobbiamo
acquisire una conoscenza profonda della società e della famiglia di oggi, dato
che sono la cornice-base nella quale crescono le nuove vocazioni. Ignorare
queste realtà significa negarsi al dialogo e parlare linguaggi diversi. I
“valori” della società e della famiglia di oggi talvolta non coincidono con i
valori, con i quali sono cresciute le generazioni precedenti. Tuttavia sono
questi i valori che vengono trasmessi ai giovani e con i quali crescono nel
loro ambiente. Pertanto è richiesta una approfondita conoscenza e una buona
attitudine al dialogo, se vogliamo proporre in maniera convincente la sequela
di Cristo ai giovani di oggi.
La
società attuale, anche se
presenta realtà molto diverse, a seconda che si tratti di paesi sviluppati o in
via di sviluppo, fa intravedere tuttavia dei segni comuni che incidono
direttamente sulla Pastorale Vocazionale.
Il processo di industrializzazione, lo sviluppo economico e
l’applicazione di alcune scienze in modo fuorviante ha portato con se il
processo di secolarizzazione che ha trovato realizzazione nella progressiva
emancipazione delle realtà terrene e nella desacralizzazione del mondo ed è
culminato nelle punte estreme nel cosiddetto secolarismo. Questa nuova
cultura ha prodotto un nuovo tipo di uomo che alcuni chiamano uomo economico,
uomo consumista o uomo edonista.
La società attuale è caratterizzata
da un forte pragmatismo, consumismo e relativismo in fatto di credenze e
valori. La sua religiosità è marcata dall’agnosticismo, nonché dall’incoerenza
dottrinale e dal permissivismo per quanto concerne gli obblighi dottrinali ed
etici.
21. La famiglia
La famiglia non è estranea a
questi cambiamenti nella società. Essa vive una crisi che si manifesta nella
diminuzione dei matrimoni istituzionalizzati e nell’aumento dei divorzi, delle
separazioni e delle coppie conviventi. D’altro canto si assiste a un
preoccupante calo delle nascite. Oltre a essere fortemente indebolita nelle
sue funzioni organiche, la famiglia vive un grave smarrimento per quanto riguarda
i valori da trasmettere.
22. La
gioventù
Sperare
in nuove vocazioni significa entrare in contatto con il mondo dei giovani, con
i loro valori, convinzioni, motivazioni.., e con le difficoltà che incontrano.
I giovani “sono la speranza della Chiesa”9
e, pertanto, dell’Ordine.
Il
giovane non è immune al mondo in cui vive e perciò dobbiamo accettarlo con il
bagaglio culturale con cui si ritrova. Sono i giovani di oggi e di questa
società concreta infatti, che Dio chiama a una vocazione di speciale
consacrazione.
Al
giorno d’oggi non è più appropriato parlare di gioventù in senso astratto; è
meglio parlare di giovani. E non si può neanche più generalizzare il discorso
sulla gioventù, sebbene esistano alcuni tratti caratteristici, che, pur
corrispondendo più fortemente al modello delle società avanzate, si vanno
imponendo sempre più diffusamente.
Tra le caratteristiche positive va
segnalato che i giovani:
-
sono molto sensibili
ai valori della giustizia, della non-violenza, della pace e della libertà;
-
sono aperti alla
fraternità, all’amicizia, alla solidarietà e all’autenticità;
-
aspirano a costruire
un mondo migliore e sono numerosi i giovani che si impegnano in prima persona
per le cause che contribuiscono a migliorare positivamente la qualità della
vita e a conservare la natura;
-
in parte “hanno un
profondo senso del religioso, che tuttavia ha bisogno di essere evangelizzato”;
-
“molti, infine, e
non è necessariamente una minoranza, hanno condotto una vita cristiana molto
esemplare e si sono impegnati coraggiosamente nell’apostolato, sperimentando
ciò che può significare seguire Gesù Cristo più da vicino”10 .
I giovani incontrano nel proprio ambiente serie difficoltà
che incidono profondamente sulla loro gerarchia dei valori e sulla loro
condotta. Basta ricordare la cosiddetta cultura postmoderna che genera
persone:
-
a cui manca il senso
della storia, cioè sono incapaci a prendere in carico un’eredità: perciò rigettano
il passato perché è qualcosa che non li appartiene, ma rigettano anche il
futuro, perché non è ancora arrivato e si presenta incerto;
-
con una formazione
frammentaria, il che non favorisce una visione globale del mondo e della
persona;
-
che mettono in
dubbio e, a volte, rifiutano tutto ciò che fa riferimento a valori o verità
definitive e assolute, tendendo invece al concreto, immediato, positivistico;
-
in cui predominano i
valori affettivi su quelli razionali.
Tutto questo si ripercuote direttamente sul modo
cui il giovane si colloca di fronte ai valori,
alla vita e al mondo. Perciò non
è per nulla strano che molti di loro:
-
non dispongano di
una gerarchia di valori e siano alla ricerca della propria identità, tendano a
relativizzare qualsiasi norma e a mettere in dubbio l’esistenza di verità
solide e permanenti;
-
tendano al
negativismo e sappiano molto meglio ciò che non vogliono di ciò che vogliono e
rifiutino l’ordine stabilito.
Inoltre:
-
la perdita del senso
della famiglia e la stabilità fragile dei matrimoni influiscono direttamente
sulla vita affettiva e emozionale dei giovani e li mette in serie difficoltà,
quando si trovano di fronte a decisioni in cui entra in gioco la fedeltà e il
definitivo;
-
gli studi durano
sempre di più ed è sempre più difficile trovare un posto di lavoro. Questo fa
sì che i giovani dipendano economicamente dai genitori fino in età adulta, il
che dà luogo a un forte senso di insicurezza e di inutilità;
-
vengono contagiati
dai controvalori che trasmette la società consumistica che spesso li seduce e
li delude 11.
Ci sono messaggi evangelici che affascinano molto
i giovani ed altri che sono meno accettati.
Tra i primi vanno segnalati:
-
la difesa e la
promozione della vita e della uguaglianza tra gli uomini;
-
la sensibilità per
la sfera umana nella sua globalità;
-
la sincera
manifestazione delle opinioni e dei sentimenti;
-
lo spirito critico
nei confronti dell’ordine vigente;
-
stare dalla parte
del nuovo e dell’innovazione.
Gli aspetti con i quali fanno più fatica a sintonizzarsi sono invece:
-
il primato assoluto
del regno di Dio e della sua giustizia;
-
la fede come
fondamento unico e assoluto della vita;
-
la gratuità;
-
la scelta definitiva
e la fedeltà nel portare avanti un impegno preso;
-
accettare il
paradosso della croce e l’ascesi personale.
Qualche
autore oggi parla di “fasce protette” tra i giovani
riferendosi a quei gruppi che si formano intorno a persone adulte portatrici
di una religiosità tradizionale, che si mostrano sensibili allo spirito
innovatore e che, sempre più numerosi, si trovano nelle istituzioni educative
della Chiesa.
I giovani appartenenti a queste fasce protette
provengono per lo più da famiglie stabili della classe media e, sebbene portino
la stessa impronta dei loro coetanei, per la protezione del loro ambiente, sono
più accessibili al messaggio pastorale.
23. La Chiesa
La Chiesa si trova oggi ad affrontare una delle
più grandi sfide della sua storia. Sono sempre più numerose infatti per le
persone prese letteralmente in ostaggio dalla cosiddetta cultura secolare e
consumista, fatto per cui la nostra società corre il reale rischio di perdere
la sua dimensione spirituale.
A questa
situazione la Chiesa ha tentato e continua a tentare di rispondere, perché, pur
essendo conscia dei propri difetti, errori e limiti, essa si sente chiamata ad
essere portatrice della Buona Novella, a fungere quale valido strumento di
salvezza di Cristo e a proclamare, non solo con le parole, ma con la vita, i
valori fondamentali della persona umana.
Il
Concilio Vaticano II ha offerto ai fedeli un’opportunità unica di riflessione,
esperienza e riscoperta della propria identità cristiana. In un certo senso è
stato un “laboratorio” in cui imparare a stare, in modo rinnovato, nel mondo e
portare la parola giusta nelle diverse situazioni riscoprendosi lievito nella
massa.
Dopo il
Concilio, per la Chiesa ebbe inizio un’autentica primavera. I fedeli accolsero
con entusiasmo i criteri della dottrina uscita dal Vaticano II. Ci si sentiva
Popolo di Dio, tutti insieme chiamati a testimoniare la fede, a vivere in
comunione, a rinnovare la liturgia e le concezioni del mondo, ad approfondire
gli aspetti essenziali del Vangelo e a rendere visibile in maniera sempre più
tangibile la dimensione di vita propria del cristiano.
Furono
numerose le grandi personalità intente a promuovere questo rinnovamento.
Ricordiamo Papa Giovanni XXIII e Papa Paolo VI che hanno spalancato le
finestre, affinché la primavera potesse entrare nella Chiesa, e lo stesso
Giovanni Paolo II, nostro attuale Papa, che lo ha portato avanti nella sua
linea apostolica.
Dopo un periodo di grande fermento, oggi si è
raggiunto di nuovo una maggiore serenità. Per questo, alla Chiesa talvolta si
rimprovera di non possedere più quella radicalità che la distinse nel periodo successivo
al Concilio. Ma è altrettanto vero che l’equilibrio raggiunto è attualmente
fonte di molti nuovi progetti validi, che le diverse tendenze sono collocate al
punto giusto, che vanno sempre più affermandosi comportamenti che sono meno
arrischiati e più vicini alla vita evangelica.
La Chiesa deve vivere nella speranza e portare
speranza nel mondo. Questo compito le deriva dall’esperienza di salvezza che le
è stata donata da Cristo; un compito che è chiamata a onorare soprattutto nelle
situazioni in cui l’uomo si trova in difficoltà. La sua missione rimane quella
di essere luce delle genti.
24. L’Ordine
La
vocazione non si presenta mai in modo astratto: Dio chiama per un carisma
concreto e coloro che ricevono questo carisma diventano mediatori di Dio per
suscitare e per far crescere nuove vocazioni.
Per
facilitare il cammino alle vocazioni, conviene tenere d’occhio la realtà
dell’Ordine. Un’analisi della stessa mette in evidenza:
-
un rapido
invecchiamento che non viene compensato dalle nuove vocazioni;
-
segni di
frustrazione in alcuni Confratelli nel vivere la loro vocazione, segni che si
ripercuotono irrimediabilmente sui giovani Confratelli che abbandonano dopo
pochi anni di professione temporanea o solenne l’Ordine;
-
un’apertura
insufficiente al dialogo con il personale che lavora nei nostri centri, con il
volontariato e con i giovani che desiderano fare una esperienza da noi;
-
una certa tendenza
al tira a campare e/o alla pura sopravvivenza: scarseggiano gli orientamenti
verso nuove forme di stile di vita e di avvicinamento agli emarginati;
-
la frequente
difficoltà di coltivare contatti con la Chiesa particolare e la società;
-
un grande distacco
dalla gioventù.
Di fronte a questo quadro, alcuni rimangono
sconcertati e si chiedono, quale utilità possa avere in questa situazione un
carisma che si prefigge di abbracciare delle necessità che sembrano già largamente
coperte dalla società. Proprio per questo è indispensabile riscoprire e
approfondire, secondo la nostra propria spiritualità, ciò che di genuino possiede
il nostro Ordine, ciò che di genuino emana dal nostro peculiare stile di
aspirazione alla santità.
25. Il nostro stile di vita
Lo stile di vita delle comunità presenta degli
aspetti che non favoriscono la Pastorale Vocazionale, quali:
-
la povertà di
rapporti interpersonali e la scarsità di dialogo;
-
l’abitudine, il
ripiegarsi su se stesso, la superficialità... a livello di fede e di preghiera;
-
il consumismo, la
dipendenza dal televisore, la comodità, il secolarismo... nello stile di vita;
-
la mancanza di
utopia e speranza nell’azione apostolica in vista del futuro;
-
le frustrazioni di
carattere personale e l’abbandono dei giovani professi;
-
lo scarso contatto
con i giovani, la sfiducia e la diffidenza, a volte, verso i formandi;
-
in molte occasioni,
scarso o poco interesse per n Pastorale Vocazionale.
26.
Provocazioni e sfide
L’analisi esposta non ci deve scoraggiare, tutt’al contrario: la fede in
Gesù deve farci vedere la realtà come qualcosa che siamo chiamati a
trasformare. Dobbiamo tornare alle fonti e ispirarci alla forza originale del
nostro carisma quale dono alla Chiesa e quale espressione degli atteggiamenti
di servizio del Buon Samaritano. In ogni momento siamo chiamati a rispondere
ai segni e alle sfide del tempo; a dimostrare che crediamo nella forza innovatrice
del nostro carisma facendoci suoi coraggiosi testimoni.
È
necessario che i Confratelli, che hanno l’età e lo spirito per entrare in
contatto con la gioventù lo facciano. E’ opportuno tenere presente che la
ragione più frequente per cui un giovane si avvicina alla vita religiosa, è
l’amicizia personale con un religioso e l’esperienza gioiosa della vocazione
nella comunità. Più che mai il giovane oggi desidera venire da noi per vedere
cosa succede e come si vive.
Perciò
siamo chiamati a offrire esperienze gioiose di consacrazione, testimonianza di
vita fraterna e di servizio ai fratelli che soffrono, come affermano le nostre
Costituzioni 12 .
27. Il
cammino da seguire
Il LXII Capitolo Generale dell’Ordine, ai numeri 12, 13 e 14, ci
invita a prendere coscienza della Pastorale Vocazionale, sia a livello
personale che a livello comunitario, creando strutture adeguate per la crescita
delle vocazioni. In un certo senso, la Pastorale Vocazionale e le sue
esigenze, sono presenti in ciascun numero e paragrafo delle Dichiarazioni del
Capitolo.
I documenti dell’Ordine ci invitano a potenziare la nostra vitalità
in una duplice direzione:
-
consolidare la
nostra identità di Fatebenefratelli;
-
privilegiare le
scelte preferenziali.
Il cammino da seguire in questa duplice direzione può essere
tracciato nella seguente maniera:
-
recuperare il valore
di seguo e di testimonianza evangelica: siamo chiamati ad essere testimoni del
trascendente e della dimensione contemplava della persona umana;
-
onorare i valori
umani con un’autentica qualità di vita;
-
privilegiare
l’essere rispetto al funzionare e all’agire;
-
scegliere i poveri
predisponendo tutte le altre scelte a partire da questa scelta fondamentale;
-
vivere lo spirito di
famiglia, in apertura, in dialogo e in funzione del Regno intensificando le
relazioni interpersonali;
-
essere aperti alla
Chiesa e ai segni del tempo;
-
agire in spirito di
collaborazione con i laici: impiegati, volontari, movimenti cristiani...;
-
approfondire e
vivere la spiritualità ospedaliera come dono che si fa servizio, umiltà e
gratuità;
-
mantenere un dialogo
costante con Cristo compassionevole e misericordioso, seguendo l’esempio di
San Giovanni di Dio.
28. La vita genera vita
Quello che stimola maggiormente la crescita vocazionale dei candidati e dei
giovani Confratelli è indubbiamente:
-
la personalità di
qualche Confratello, che traspare e si esprime nell’impegno e nell’identificazione
con la missione, nella coerenza di vita nella libertà e nella gioia...;
-
l’accoglienza,
l’aiuto, il dialogo, la disponibilità nella vita comunitaria;
-
l’identificazione
con gli emarginati, l’amore per i malati, la lotta per i loro diritti, le nuove
risposte ai nuovi bisogni;
-
la vita spirituale
intensa, manifestata in Eucaristie vive, e con celebrazioni ben preparate,
partecipate... e visibile nell’atteggiamento di preghiera e nella vita di
preghiera dei Confratelli.
29. Le persone responsabili
La risposta alla vocazione di Dio riguarda in modo
diretto e insostituibile il soggetto chiamato: pertanto è lui il primo
responsabile della realizzazione del suo cammino vocazionale.
Parlando ora di altre persone “responsabili”, ci
riferiamo alle persone che collaborano e che fungono come mediatori
tra lo Spirito Santo e il chiamato.
Poiché la vocazione è un processo che abbraccia
tutta la vita di una persona, non possiamo dimenticare l’influenza assai importante
della famiglia, della scuola, della parrocchia. Quando nella vita di un
giovane non c’é stata una famiglia, dove i valori evangelici erano di casa e
considerati importanti nella prassi della vita; quando è mancata l’educazione
e l’ispirazione cristiana durante l’infanzia e l’adolescenza, è facile che
emergano delle “lacune”, delle quali bisogna tener conto nel momento del
discernimento vocazionale.
Perciò, chi vuole assumere un atteggiamento responsabile
di fronte al candidato e al Signore, non può prescindere dalla conoscenza
dell’ambiente, dove questi ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza.
Perché una persona possa
giungere a distinguere con chiarezza la propria vocazione cristiana e a
impegnarsi con una risposta definitiva, occorre, oltre all’intervento dello
Spirito Santo, l’incontro e il rapporto con persone che l’aiutino nel suo cammino
interiore. Le diverse persone che il candidato incontra progressivamente nel
suo cammino vocazionale, debbono essere collegate fra di loro. Pertanto, i Confratelli
incaricati di accompagnare il candidato, devono muoversi lungo una linea
coordinata, animata dagli stessi criteri, ispirata allo stesso spirito e
alimentata dalla comune fedeltà al carisma dell’Ordine. I Confratelli, che
intervengono, in una o nell’altra maniera, nel processo di discernimento e
accompagnamento delle vocazioni, devono assumere e vivere i criteri dell’Ordine
in maniera tale che il candidato scopra spontaneamente il loro senso di unità
e la loro comunione nel carisma.
30. Le comunità ospedaliere come richiami
vocazionali
Consacrati nell’ospitalità secondo lo stile di San
Giovanni di Dio, siamo chiamati ad essere la nuova presenza del Cristo
compassionevole e misericordioso che si avvicina ai poveri e agli ammalati per
comunicare loro la Buona Novella del Regno 13
.
Ogni
Fatebenefratello e ogni comunità ospedaliera si deve impegnare a vivere questa
dimensione e a rinnovarla ogni giorno, poiché solamente così potremo far
nascere nuove vocazioni.
Pertanto
è urgente rivitalizzare le comunità, recuperare lo stile proprio di vivere
l’ospitalità, creare nuove forme per esprimerla e manifestare con più forte
chiarezza i valori che stanno alla base della nostra identità. Solo così
potremo dare alla nostra vita il taglio della vera vita ospedaliera, una vita
che sia, autenticamente e profondamente al servizio dei poveri e dei malati e
che, nel contempo, riesca a attrarre nuove vocazioni.
Su
questo cammino sono molte le cose che ci rimangono da fare. Innanzitutto
abbiamo bisogno di fare una profonda e seria autocritica che significa in
concreto:
-
rivedere il nostro
stile di vita, la nostra presenza nei centri, nelle opere apostoliche, i segni
che diamo...;
-
riconoscere con
semplicità e umiltà che riusciremo a iniziare questo cambiamento solo se saremo
capaci di convertire il nostro cuore e lasciare al Signore che “rivoluzioni”
la nostra vita.
Come
fece Giovanni di Dio, come fecero tanti altri Confratelli — veri specialisti
della Pastorale Vocazionale — dobbiamo rischiare, aprirci all’avventura alla
quale Dio ci invita, accettare l’incognita della vita concependola maggiormente
nella dimensione della gratuità e dell’ospitalità.
31. Ogni
Fatebenefratello è soggetto attivo della Pastorale Vocazionale
Alla luce di quanto appena esposto, possiamo
affermare che ogni Confratello e ogni nostra comunità è chiamata a collaborare
nella Pastorale Vocazionale. Questa esigenza affonda le sue radici nella stessa
vocazione che abbiamo ricevuto.
Solamente
vivendo pienamente compenetrati nell’ospitalità, possiamo infatti diventare
“specchi
vocazionali”,
vale a dire specchi, in cui altri avranno la possibilità di riconoscere la
loro vocazione. Solamente manifestando gli atteggiamenti e la testimonianza
peculiare dell’ospitalità14,
potremo essere segni vivi per chi ci avvicina. Solamente dimostrando con la
nostra vita che la nostra maggior felicità consiste nel vivere il servizio agli
infermi e ai bisognosi15,
potremo essere propositivi e stimolanti per gli altri.
Senza
questo impegno fondamentale ed essenziale, le attività e le azioni dei
Confratelli incaricati della cura delle vocazioni risulteranno tanto povere
quanto infruttuose.
Apprestiamoci a rivelare al mondo che l’ospitalità
vissuta nella sua pienezza è una chiamata permanente del Signore che appaga
interamente coloro che la seguono e corrisponde ad una delle azioni preferite
da Gesù per il Regno. Oggi, ogni Confratello e ogni comunità, sono chiamati a
dimostrare tutto questo nei fatti; perché è dai fatti che nasce e si sviluppa la
Pastorale Vocazionale.
32. L’Incaricato
Provinciale della Pastorale Vocazionale
Il Confratello incaricato della Pastorale Vocazionale
a livello provinciale ha il compito di animare e coordinare la pastorale delle
vocazioni nel suo insieme, e cioè:
-
la Pastorale
Giovanile, volta a suscitare, maturare e discernere la fede;
-
la Pastorale
Vocazionale specifica;
-
l’accompagnamento e
il discernimento delle vocazioni.
Non pensiamo di disegnare un profilo troppo ideale
del Confratello incaricato della Pastorale Vocazionale, se diciamo che deve:
-
sentire di aver
trovato la sua collocazione e felicità nell’Ordine come frutto della scoperta
e dell’esperienza quotidiana della propria vocazione nella configurazione con
il Cristo compassionevole per annunciare il Regno e fare presente l’amore del
Padre agli infermi e ai bisognosi;
-
accettare
esplicitamente e vivere con gioia il servizio che l’Ordine gli ha affidato
come un bene per la Chiesa e la società;
-
conoscere e essere
aperto a tutte le vocazioni e i tutti i ministeri esistenti nella Chiesa
apprezzandoli nella loro complementarità;
-
possedere
un’opportuna formazione in materia di Pastorale Giovanile Vocazionale,
conoscere le realtà sociali, le tendenze culturali e i problemi psicologici che
gli si possono presentare nell’accompagnamento dei giovani impegnati nel
cammino vocazionale.
Il Confratello in questione deve
disporre di una serie di attitudini che lo aiutino a realizzare la sua missione
tanto delicata con serenità, semplicità e entusiasmo. Come attitudini
fondamentali, è necessario che possegga e sviluppi:
-
un
atteggiamento di apertura e di ascolto intenso verso la voce di Dio che parla attraverso la società,
la cultura, la storia e, principalmente, l’uomo, soprattutto l’uomo bisognoso
e emarginato, e i giovani che è chiamato ad animare;
-
una
spiccata attitudine contemplativa intesa come capacità di scoprire la presenza di Dio impressa nella vita
delle persone;
-
una forte
identità ospedaliera, vale a
dire: essere comprensivo, misericordioso, aperto e protettivo, amante di
tutto ciò che esiste di positivo nella vita; capace di scorgere i segni della
speranza nella società e, più concretamente, nei giovani;
-
una vita
centrata in Dio: disponibile
alla sua volontà, coerente nella sua vita, capace di annunciare la sua fede
con amore e chiarezza;
-
un forte
senso di appartenenza all’Ordine: seguace convinto di Giovanni di Dio, ama i poveri e i malati, annuncia
i loro diritti e denuncia le ingiustizie.., proclama, più con la vita che con
le parole, che vale la pena dedicare la propria vita al servizio di Cristo
annunciando, come Lui, il Regno ai meno favoriti della società;
-
una mente
e un cuore universali: vive e
manifesta la comunione ecclesiale, collabora ai programmi diocesani,
valorizza e promuove altre forme di consacrazione speciale nella Chiesa.
CAPITOLO II
PIANO OPERATIVO
33. L’ospitalità, centro di gravità
della Pastorale Vocazionale nell’Ordine
Dopo il Concilio Vaticano II, gli istituti di vita religiosa furono pervasi
da una corrente di speranza; tuttavia sembra che i tentativi di rinnovamento e
adattamento non abbiano dato i frutti sperati. Da un po’ di tempo la vita
religiosa è entrata in una crisi, della quale non si vede la fine. Si è voluto
porre l’accento sul rinnovamento, ma evidentemente non si è riusciti a entrare
nel cuore della crisi.
Anche se sono sicuramente molte le cause che incidono sulla diminuzione
delle vocazioni (ambiente socioculturale e familiare, al quale abbiamo già
fatto cenno), si può affermare che le vocazioni sono il termometro della
vitalità di un istituto. Forse neanche tanto per il numero, quanto per la qualità.
Oggi la Pastorale Vocazionale chiama in causa le stesse fondamenta dell’Ordine
ponendoci di fronte all’inquietante interrogativo, se l’ospitalità, vissuta
allo stile di Giovanni di Dio, abbia perso la sua forza e valenza ecclesiale.
Dagli
sforzi che l’Ordine è andato facendo in questi ultimi anni, vediamo che tutto
l’accento e la forza del suo processo di rinnovamento è rivolto al patrimonio
più genuino che abbiamo ereditato da Giovanni di Dio: l’OSPITALITÀ. Questa
costituisce l’essenza, l’identità e l’originalità della nostra presenza nella
Chiesa. Ed è proprio dalla testimonianza e dallo stile proprio di santità che
deriva dall’ospitalità, che dobbiamo iniziare il nostro discorso.
Non si
tratta di ripetere quanto esposto nelle Costituzioni, nel libro di formazione
e in altri documenti dell’Ordine, sull’identità del Fatebenefratello, il suo
carisma e la sua missione.
Desideriamo
soltanto far notare che le vocazioni non sono frutto del caso, né dello sforzo
isolato di alcuni Confratelli che si dedicano con generosità a questo compito.
Le vocazioni ospedaliere sono il frutto della chiamata di Dio a vivere
l’ospitalità in un gruppo che vibra con il suo carisma, che vive con entusiasmo
la sua missione, e che manifesta in modo visibile la presenza del regno nel
mondo del dolore.
Scegliere
la vita religiosa ospedaliera, significa mettere in gioco tutta la propria
esistenza e, certamente, è adatto ad abbracciarla solamente chi vive la
propria vita nell’ottica dell’utopia, del sempre nuovo, rimanendo fedele alle
sue origini, chi sa dare risposte congrue alle necessità del mondo e, allo stesso
tempo, diffonde gioia, pace, libertà, allegria...
34. Linee
portanti della nostra Pastorale Vocazionale
La
Pastorale Vocazionale nel nostro Ordine deve muovere dalle seguenti linee di
forza:
1. La Pastorale Vocazionale nel nostro Ordine
mira a due campi di azione:
- la
vita personale e comunitaria dei Confratelli;
-
il mondo dei
giovani.
2. L’identificazione vocazionale nell’ospitalità è
la base della nostra Pastorale Vocazionale.
3. La comunità ospedaliera è il luogo idoneo e privilegiato
per la sua promozione.
4. Il P. Provinciale, i suoi Consiglieri e i
Superiori delle comunità sono i principali animatori della Pastorale
Vocazionale.
5. In ciascuna Provincia, Viceprovincia e Delegazione
deve esistere un gruppo di riflessione incaricato dell’animazione della
Pastorale Vocazionale.
6. E’ necessario facilitare un’adeguata formazione
e preparazione degli operatori della Pastorale Vocazionale incaricati di
accompagnare le vocazioni.
7. La nostra Pastorale Vocazionale deve inserirsi
nel campo della Pastorale Giovanile.
8. La Pastorale Vocazionale deve svolgersi secondo
un preciso piano interprovinciale o provinciale strutturato secondo le
direttive contenute nel presente documento e volto a potenziare il
coinvolgimento di tutti i Confratelli.
9. Siamo convinti del valore attuale del carisma e
della missione dell’Ordine per la società e la Chiesa, e presentiamo la nostra
vocazione come un percorso validissimo di realizzazione personale.
10. È nostro compito cercare di incidere su gruppi
affini al nostro carisma e trasmettere la ricchezza dello stesso ad altri.
35. Equipe di Pastorale
Vocazionale
Per poter realizzare il progetto di Pastorale Vocazionale,
è necessario disporre di Equipes Interprovinciali e/o Provinciali per
l’animazione, il coordinamento e l’attuazione dei distinti programmi.
Le attività principali dell’Equipe di Pastorale
Vocazionale sono:
1. elaborare il programma e coordinare le attività della Provincia
concernenti la Pastorale Vocazionale;
2. cooperare con le organizzazioni di Pastorale Vocazionale Unitaria
(diocesane, intercongregazionali ecc.), specialmente nelle zone, dove l’Ordine
non ha proprie comunità;
3. coltivare un costante scambio di esperienze con le Equipes di altre
Province, specialmente con quelle coordinate dallo stesso Segretariato Interprovinciale;
4. partecipare agli incontri promossi dall’Equipe
di Pastorale Vocazionale del Segretariato Interprovinciale, ove esiste, per
programmare, attuare e valutare insieme le varie attività.
36. La
Pastorale Vocazionale con riferimento ai Confratelli
La vocazione ci raggiunge un giorno, ma va coltivata
e perfezionata lungo tutta la nostra esistenza. È per questo motivo che la
Pastorale Vocazionale riguarda tutti noi Confratelli che formiamo l’Ordine. Il
libro La Formazione del Fatebenefratello così la intende e la
propone per le tappe della formazione iniziale e permanente. Di conseguenza la
Pastorale Vocazionale, nel suo dirigersi ai Confratelli, è bene che si prefigga
i seguenti obiettivi le seguenti attività:
Obiettivi:
1.
collaborare con il
Segretariato responsabile dello Stile di Vita per aiutare i Confratelli e le
comunità a vivere sempre più in profondità e in fedeltà la vocazione
ospedaliera;
2.
sensibilizzare e
appoggiare le comunità, affinché si impegnino il più direttamente possibile
nella Pastorale Vocazionale.
Attività:
-
la Pastorale
Vocazionale deve avere un posto privilegiato nel Progetto di Vita Comunitaria1;
-
facilitare le
comunità nella conoscenza del mondo dei giovani;
-
lettura e
riflessione del capitolo 4 delle Costituzioni;
-
un Confratello della
comunità collaborerà in maniera speciale con l’Equipe Provinciale di Pastorale
Vocazionale;
-
accogliere i giovani
sensibili alla vocazione ospedaliera:
- essendo
aperti e vicini ad essi;
- partecipando
alle attività programmate per loro nel centro.
37. Pastorale Giovanile
Per poter realizzare un programma specifico di
Pastorale Vocazionale, è anzitutto necessario che ci avviciniamo al mondo dei
giovani attraverso i movimenti giovanili affini al carisma e alla missione
dell’Ordine. Per esempio: Gioventù Ospedaliera, volontariato,
pastorale diocesana e parrocchiale eccetera al fine di partecipare attivamente
alla Pastorale Giovanile. Senza questa partecipazione, la Pastorale
Vocazionale diventerebbe “proselitismo”, e prima o poi, sarebbe destinata
all’insuccesso.
L’impegno nella Pastorale Giovanile mette in risalto
la coscienza ecclesiale del Confratello incaricato, il quale, pertanto,
cercherà il contatto con gli organismi diocesani e parrocchiali, con i quali collaborerà
nel limite delle sue possibilità:
-
al Piano della
Pastorale Giovanile: preevangelizzazione ed evangelizzazione (suscitare la
fede);
-
alla catechesi e
all’accompagnamento dei gruppi e delle persone (maturare la fede);
-
alla proposta della
vocazione personale come cristiano (discernere la propria fede).
Obiettivi:
1.
accompagnare i
giovani nel loro processo di maturazione cristiana;
2.
mettere i giovani a
contatto con il mondo dei malati e dei bisognosi;
3.
accogliere quei
giovani che si mostrano sensibili alla nostra vocazione;
4.
aiutare i giovani
nel processo di discernimento, perché realizzino la loro scelta vocazionale.
Nel quadro della “proposta
della vocazione personale”, il Confratello incaricato deve pensare
all’organizzazione e all’animazione di incontri di riflessione sulla fede e di
incontri di preghiera in qualcuna delle nostre comunità. Deve inoltre facilitare
i giovani a partecipare alle giornate di convivenza dove avrà particolare
importanza l’incontro con i malati e i bisognosi.
Attività:
-
creare e potenziare
i gruppi della Pastorale Giovanile;
-
sviluppare modalità
di formazione umano-cristiana;
-
tenere
periodicamente incontri di riflessione e di celebrazione della fede;
-
realizzare per i
giovani attività di impegno concreto a favore dei malati e dei bisognosi.
38. Pastorale
Vocazionale specifica
La Pastorale Vocazionale deve
essere orientata sempre alla proposta vocazionale.
Obiettivi:
1.
presentare ai
giovani la vita religiosa ospedaliera come un valido campo per la loro
realizzazione e come una forma di impegno nella Chiesa;
2.
invitare i giovani a
conoscerci e a partecipare alla nostra vita;
3.
seguire quelli che
mostrano un’inclinazione verso la nostra vocazione, nel processo di
discernimento.
Attività:
-
offrire ai giovani
la possibilità di sperimentare nelle nostre comunità il nostro stile di vita e
la nostra missione;
-
seguire i gruppi
giovanili attraverso il dialogo e l’incontro personale;
-
curare bene i mezzi
tecnici di diffusione: video, montaggi audiovisivi, opuscoli eccetera;
-
proporre proprie
iniziative: Pasqua Ospedaliera, fine-settimana, visite, campi di lavoro, convivenze
vocazionali eccetera;
-
organizzare incontri
di discernimento vocazionale;
-
applicare i criteri
per la selezione e l’ammissione al Postulantato.
39. “Chiavi”
dell’itinerario
Nell’accompagnare i giovani nell’educazione e
nell’esperienza della fede va tenuto conto delle seguenti “chiavi”:
-
La
vocazione cristiana intesa
come “chiamata” di Dio a sperimentare il suo amore e a disporre la propria vita
sulla base di questa esperienza. Questa esperienza si fa:
- scoprendo Dio come Padre; perciò la
vocazione cristiana consiste fondamentalmente nell’accettare il suo amore
vivendo come figlio suo e fratello di tutti gli uomini;
- conoscendo e accettando Gesù come
nostro Signore;
- convincendosi
che è sempre Dio a prendere l’iniziativa e a offrirci gratuitamente il suo
amore;
- vivendo
la preghiera come incontro personale con Dio e celebrandola nell’Eucaristia.
-
L’impegno
cristiano: l”incontro”
personale con Dio si traduce in impegno per gli altri, specialmente nelle
situazioni, dalle quali sale il “grido” dei poveri, malati e emarginati, e
trova concreta espressione:
- non
ignorando le necessità e chi è in stato di necessità;
- sentendosi
interpellato dalla sofferenza altrui;
- mostrando
sensibilità verso la sofferenza con un comportamento che dia prova del proprio
spirito di solidarietà, servizio e disponibilità.
-
Il
progetto di vita: ciascuno
dei momenti del processo deve condurre i partecipanti a elaborare o rivedere
il proprio progetto di vita personale, che rifletta la risposta concreta
del singolo alla volontà di Dio.
-
La
necessità di realizzare questo processo: in linea di massima, ciascun candidato che desidera entrare nel
Postulantato, dovrà prima aver realizzato questo processo di formazione
e esperienza cristiana di fondo.
PROCESSO DI PASTORALE GIOVANILE
VOCAZIONALE
40. Processo di Pastorale Giovanile Vocazionale
In
considerazione dell’importanza pratica che riveste la Pastorale Giovanile Vocazionale,
proponiamo di seguito un modello che può servire come base nella messa in
pratica nella propria Provincia.
La
Pastorale Giovanile Vocazionale si inserisce in quel processo di formazione
cristiana che mira a condurre gli adolescenti e i giovani a vivere la fede in
sintonia con la propria vocazione personale nella Chiesa.
L’Ordine, in questa tappa, è chiamato a
collaborare nella Pastorale d’Insieme delle Chiese particolari, offrendo un
programma di vita evangelica che metta in rilievo i gesti e gli atteggiamenti
che si ispirano alla sequela di Cristo che passò per il mondo facendo del bene
a tutti, dedicandosi però a maniera particolare a evangelizzare e a servire gli
infermi e i bisognosi.
La nostra partecipazione alla Pastorale Giovanile
Vocazionale muoverà dalla nostra identità peculiare e sarà determinata dai
seguenti momenti:
41. Presenza
nella Chiesa Particolare
Presenti con la nostra missione
L’Ordine è presente nella Chiesa Particolare soprattutto
nella persona dei Confratelli che si sono consacrati a Dio nel servizio agli
infermi e ai bisognosi e che esprimono questa consacrazione attraverso la
missione concreta che realizzano.
Presenza
diretta nella Pastorale Giovanile Vocazionale
I
credenti hanno il diritto di avere una conoscenza più ampia della nostra
vocazione peculiare nella Chiesa. L’Ordine è chiamato a rispondere a questo
diritto adottando le forme e i mezzi più adeguati a ciascuna situazione.
E’ un
fatto che siamo conosciuti per lo più da gruppi minoritari, quali i malati e i
loro familiari, i collaboratori e gli enti che si dedicano a fini simili al
nostro. Sono pochi gli adolescenti e i giovani che sanno chiaramente chi siamo
e quale missione realizziamo nella Chiesa. In generale è dai gruppi giovanili
che nascono le vocazioni a una consacrazione speciale. Perciò, se vogliamo che
i giovani sappiano della nostra esistenza, dobbiamo andare ai loro incontri e
fornire loro l’informazione opportuna. Per fare conoscere la nostra vocazione
dobbiamo quindi farci presenti nelle parrocchie e nei gruppi cristiani di
adolescenti e di giovani.
Contribuiamo
alla Pastorale Giovanile muovendo dalla nostra identità
Nell’accostarsi
al campo della Pastorale Giovanile, l’Ordine è chiamato a offrire ai parroci e
agli animatori dei gruppi giovanili di ispirazione cristiana un suo programma
di formazione complementare all’educazione e all’esperienza della fede che
metta in primo piano un progetto di vita incentrato completamente nell’amore a
Dio espresso attraverso il servizio agli infermi e ai bisognosi.
Il fatto
che il nostro Ordine ha alle spalle una storia di quattro secoli e mezzo,
dimostra che il carisma dell’ospitalità possiede, in se stesso, una solida
forza di “convocazione” ossia di richiamo. Tuttavia, lo Spirito Santo si serve
di solito delle mediazioni umane per trasmettere i suoi doni. Perciò è di
importanza fondamentale che noi, che abbiamo ricevuto il carisma
dell’ospitalità secondo lo stile di San Giovanni di Dio, ci sforziamo di viverlo
e manifestarlo in maniera che la nostra vita sia una chiamata viva per coloro
che ci circondano. Sempre sul piano del richiamo, oltre alla testimonianza di
vita, è necessario utilizzare i mezzi atti a suscitare nei giovani il desiderio
di “venire da noi e vedere come viviamo”. A tale scopo è opportuno seguire un
processo ben definito che faciliti l’incontro del giovane coll’Ordine,
processo che noi ci immaginiamo nella maniera seguente.
42. Primi incontri
Scopo di
questo momento del processo è di arrivare a costituire gruppi giovanili di ispirazione
ospedaliera.
Azioni
prioritarie
1.
Attività
di promozione vocazionale ad ampio spettro diretta a gruppi parrocchiali e collegi da
realizzarsi tramite la partecipazione a qualche attività degli stessi e/o
attraverso i mezzi di diffusione.
2.
Convivenze
prevocazionali dirette a
giovani che desiderano conoscere meglio l’Ordine e approfondire la propria
vocazione.
3.
Attività
di Pastorale Giovanile Vocazionale nei Collegi e nelle Scuole per Infermieri.
4.
Formazione
e accompagnamento di gruppi
sulla base del nostro carisma.
5.
Altre
iniziative di avvicinamento:
- visite dietro iniziativa
dello stesso interessato;
- invito
di altri amici agli incontri organizzati dall’Ordine o a gruppi di formazione e
orazione di ispirazione ospedaliera;
- corrispondenza epistolare
eccetera.
43. Contributo specifico dell’Ordine alla
Pastorale Giovanile
L’Ordine ha il diritto e il dovere di partecipare
alla Pastorale Giovanile della Chiesa particolare offrendo le seguenti ed
altre iniziative:
1. Campi di lavoro con diversi livelli di approfondimento.
2. Fine-settimana diretti all’approfondimento della
fede con particolare riferimento all’ospitalità.
3.
Pasqua Ospedaliera
con differenti livelli di partecipazione: di iniziazione, di approfondimento
eccetera. Il numero dei partecipanti dipenderà dai livelli.
4. Incontri di volontari, animatori di gruppi giovanili
dell’Ordine.
5. Attenzione agli allievi delle Scuole per
Infermieri e Infermieri Ausiliari che fanno il tirocinio nei nostri centri.
6. Visite a gruppi parrocchiali o di collegi.
7. Propaganda: stampati, audiovisivi, video eccetera.
44. Incontri
di formazione cristiana che può offrire l’Ordine
Un aspetto da privilegiare nella Pastorale Giovanile è la formazione
cristiana di base, attraverso cui animare gli interessati a vivere un’autentica
esperienza di fede. L’Ordine, in vista dell’accoglienza di possibili
candidati, deve collaborare con le comunità cristiane, affinché gli
adolescenti e i giovani ricevano questa formazione. Le modalità di collaborazione
dipenderanno dalle possibilità di ciascuna Provincia. In linea di massima si
può dire che, in una forma o nell’altra, qualche Confratello deve farsi
presente nei gruppi “catecumenali”. Inoltre dev’essere presa in considerazione
la possibilità di costituire gruppi propri
animati da Confratelli dell’Ordine.
Gli obiettivi perseguiti mediante questi incontri sono:
1.
incidere sulla
formazione di base del cristiano;
2.
fare conoscere la
missione dell’ordine e suscitare nel giovane la disponibilità a impegnarsi nel
servizio al prossimo.
45. Processo
di formazione e/o di esperienza fondamentale cristiana
La collaborazione dell’Ordine alla formazione
cristiana di base degli adolescenti e dei giovani si ispira al seguente
criterio: gli incontri, a cui partecipiamo o che organizziamo in prima
persona, sono imperniati sull’esperienza dell’amore di Dio interiorizzato e
manifestato nella dimensione della misericordia e del servizio al prossimo, che
è la dimensione caratteristica della nostra vocazione ospedaliera. Quanto esposto
di seguito, va pertanto inteso in questa “chiave”, anche se dalla lettura dei
titoli potrebbe sembrare che coincida con il percorso normale di un cristiano
che desidera vivere coerentemente la sua fede.
Partendo da quest’ottica, proponiamo ora un percorso
della durata di tre anni, strutturato nella seguente maniera:
46. Primo
anno
-
La
conversione cristiana:
proporre agli adolescenti e ai giovani un programma che stimoli e appoggi gli
atteggiamenti fondamentali del fedele cristiano e che abbia come riferimento
speciale la bontà e la misericordia di Dio che cerca l’incontro con l’uomo, il
quale a sua volta, immerso nella propria limitatezza, povertà, sofferenza e
peccato, sente il bisogno della salvezza.
-
Pasqua
Ospedaliera, primo livello:
il primo anno si inviterà i partecipanti a contemplare e a vivere il mistero
pasquale di Cristo come manifestazione suprema dell’amore misericordioso del
Padre. Approfondendo questo mistero in un centro dell’Ordine, gli interessati
potranno scoprire come la Passione di Cristo continui nel dolore e nella
speranza dell’uomo che soffre, con il quale potranno entrare in contatto
durante il Triduo Sacro.
-
Campo di
lavoro, primo livello: mentre
continuano ad approfondire le esigenze che derivano a chi decide di vivere la
sua fede scoprendo e servendo quotidianamente Cristo nell’uomo che soffre, agli
interessati sarà offerto l’opportunità di realizzare un’esperienza di servizio
al prossimo in un centro dell’Ordine.
47. Secondo
anno
-
Analisi
della realtà: nell’ambito di
incontri di formazione e di riflessione, si aiuterà gli adolescenti e i
giovani a prendere coscienza dei “dislivelli” che esistono all’interno della
società tra le persone: tra ricchi e poveri, forti e deboli, oppressori e
oppressi; che essi stessi, in una o nell’altra forma, partecipano
all’esistenza di questi “dislivelli” e che l’impegno cristiano esige da loro
di collaborare, affinché questi “dislivelli” spariscano.
-
Pasqua
Ospedaliera, secondo livello:
sarà approfondita l’esperienza dell’anno precedente arricchendola delle
intuizioni e delle conoscenze conseguite con l”analisi della realtà”.
-
Scuola di
preghiera: sulla base
dell’esperienza accumulata nel primo anno, si tenterà di illuminare il
significato cristiano della preghiera come:
- contemplazione/incontro
personale con il Dio della misericordia che si è incarnato in Gesù di Nazareth
e si manifesta in maniera speciale nei deboli ed emarginati;
- esigenza
di cambiamento personale, che spinge a personalizzare i gesti e gli atteggiamenti
di Gesù;
- impegno
per il prossimo: l’esperienza di sentirsi amati misericordiosamente da Dio
esige di vivere l’amore al prossimo: perdono, accettazione, servizio eccetera.
48. Terzo anno
-
La
comunità cristiana: si
aiuteranno gli adolescenti e i giovani ad approfondire il proprio senso di
appartenenza alla Chiesa come comunità che vive le beatitudini, proponendo loro
la possibilità di realizzare un’esperienza di vita come membri di un gruppo
che si fonda sull’ascolto e sull’accoglienza della Parola di Dio entrando in
una nuova dimensione di vita determinata dall’esperienza e la comunicazione
della fede, l’amore fraterno e il servizio.
-
Campo di
lavoro, secondo livello:
questo momento sarà programmato in maniera tale da permettere ai partecipanti
di tradurre in un’esperienza pratica tutto ciò che hanno appreso e vissuto
nelle fasi precedenti; pertanto si farà bene a prevedere un momento in cui
possano partecipare alla vita della comunità di un centro per scoprire e
approfondire meglio i valori su cui si fonda la vita comunitaria propria del
nostro Ordine.
-
Incontro
di discernimento vocazionale:
al termine del processo della formazione cristiana di base sarà opportuno
organizzare un incontro di diversi giorni, nell’ambito del quale i giovani
possano realizzare un primo discernimento sulla propria vocazione cristiana.
49. Itinerario di discernimento
vocazionale
Una volta concluso l’itinerario di formazione e esperienza
cristiana di fondo, si inaugura un nuovo cammino per quei giovani, che
si sentono motivati e interpellati a seguire più da vicino Gesù secondo lo
spirito delle beatitudini. A partire da questo momento entra infatti in scena
la Pastorale
Vocazionale specifica.
Anche
per questo cammino proponiamo qui di seguito uno schema, che tuttavia sarà
opportuno approfondire nei dettagli nelle diverse Province.
Primo momento: il colloquio personale
Quando
un giovane, alla conclusione del processo di formazione cristiana di base
desidera effettuare un serio discernimento vocazionale, la prima cosa che
conviene fare è invitarlo ad un colloquio personale, nell’ambito del quale
possono essere esaminati più approfonditamente i seguenti ed altri punti:
— Questioni introduttive:
- come ha conosciuto l’Ordine e quali sono le
motivazioni che lo spingono a unirsi a noi;
- esposizione della sua autobiografia;
- altri punti ritenuti opportuni dal
Confratello che conduce il colloquio.
— Dimensione umana:
- ambiti relazionali: famiglia, amicizie
eccetera;
- salute;
- vita emotiva, affettiva e sessuale;
- studi realizzati e con quale profitto.
— Dimensione della fede:
- formazione e esperienza personale in
materia di fede;
- coscienza ecclesiale e sua opinione sui
gruppi e/o movimenti ecclesiali;
- legame con la parrocchia o con gruppi
cristiani;
- esperienza personale di preghiera,
accostamento ai sacramenti eccetera;
- se
viene da un’esperienza di accompagnamento personale/spirituale e se è disposto
a farsi seguire più da vicino nell’ambito del proprio discernimento
vocazionale;
- eccetera.
— Dimensione ospedaliera
(disponibilità al servizio):
- propria
conoscenza e esperienza del mondo della sofferenza (malati, emarginati
eccetera);
- esperienza
di lavoro, responsabilità e stabilità nello stesso;
- disponibilità e capacità di vivere le esigenze derivanti
dalla consacrazione nell’ospitalità.
Alla conclusione del colloquio, sarà bene offrire all’interessato
l’opportunità di elaborare un progetto di vita personale per seguire un piano
di accompagnamento e discernimento vocazionale.
Secondo
momento: con vivenze orientate al discernimento vocazionale.
A tal fine si organizzeranno incontri di carattere e durata differente a
seconda dell’orientamento e dei contenuti. Suggeriamo:
— Incontri
di formazione e approfondimento diretti a affrontare temi concreti
inerenti alla vocazione, come:
- invito alla sequela di Cristo;
- apertura personale alla “chiamata”;
- ascolto-risposta personale alla volontà di Dio.
— Ritiri nei fine-settimana diretti a
approfondire alcuni aspetti trattati in precedenza, a vivere un’esperienza di
preghiera, a rivedere il progetto personale eccetera.
— Convivenze
in un centro dell’Ordine: queste vanno organizzate in maniera tale da
coniugare armoniosamente i momenti di riflessione, di preghiera, di servizio
agli infermi e di partecipazione alla vita della comunità.
In ciascuno di questi incontri:
- si darà la massima importanza al dialogo
personale con ogni partecipante;
- si valuterà il cammino
realizzato tenendo presente il progetto personale;
- si
attualizzerà di volta in volta il programma da seguire nell’ambito della vita
di preghiera, del servizio agli altri, della formazione spirituale e
culturale, della conoscenza dell’Ordine eccetera.
— Settimana
di approfondimento vocazionale: questo momento segnerà la fine del
processo. Nel suo ambito si prenderà una delle seguenti decisioni: ingresso nel
Postulantato, continuazione del processo di discernimento o comunicazione del
verdetto di non-idoneità per la vita dell’Ordine.
CONCLUSIONE
50. Chiamati e inviati a dare frutti
Cristo, amandoci come suoi figli prediletti, ci ha chiamato a vivere con
Lui e come Lui, come membri
della Famiglia Ospedaliera, e ci ha inviati nel mondo della sofferenza e
dell’emarginazione sociale1 con il
compito di annunciare e fare presente il Regno tra i malati e i bisognosi.
Lo
Spirito Santo ci ha consacrato con il carisma dell’ospitalità rendendoci partecipi, in modo singolare,
dell’amore misericordioso del Padre e potenziando così la nostra capacità di
amare2, perché fossimo fecondi in Cristo per
il bene degli uomini. Egli agisce dalla debolezza della nostra vita celibe,
povera e ubbidiente e fa sì che il nostro apostolato ospedaliero sia segno e
presenza di una forma di vita umana che preannuncia il modo escatologico di
vivere. In mezzo a una società che adora e privilegia l’efficienza, che coltiva
e trasforma in culto il corpo sano e bello, lo Spirito ci invia nel mondo, in
un certo senso intraumano, dell’incapacità, della non-produttività, della
deformazione e della sofferenza per testimoniare il valore essenziale e la
dignità radicale della persona umana.
Il Padre che segue attentamente gli
eventi della storia degli uomini, che ascolta i loro lamenti e conosce
l’oppressione in cui vivono i disereditati, e scende fra loro per liberarli 3, ci ha affidato la missione di essere testimoni
del suo amore prediletto per i deboli e di mantenere viva nel tempo la presenza
misericordiosa di suo Figlio Gesù di Nazareth 4.
Questa è
la vocazione di cui siamo stati investiti. È un dono immeritato, frutto
dell’amore del Padre che ci creò per riprodurre l’immagine del Figlio che
passò per il mondo facendo il bene e risanando tutti 5. Dalla fedeltà a questo dono dipende la
nostra felicità. Perciò ci sentiamo motivati a viverlo in semplice e piena
docilità verso la volontà di Dio e a dare espressione alla missione ospedaliera
all’insegna di un’attualità costantemente rinnovata, affinché gli uomini del
nostro tempo possano conoscere e sperimentare l’amare di Cristo.
Viviamo con profonda gratitudine il dono di Dio e giorno dopo giorno
preghiamo, affinché rinnovi il nostro cuore con il suo amore. L’esperienza della
misericordia del Padre potenzia la nostra compassione e, vedendo tanti uomini
e donne accomunate nella sofferenza dell’infermità e di infinite forme di
povertà, che vagano attraverso la vita senza trovare un senso, sale forte la
nostra preghiera al Padre, affinché susciti nella sua Chiesa nuove vocazioni
che annuncino la Buona Novella di Gesù imitando il Maestro nei suoi gesti di
misericordia e di servizio verso i bisognosi 6.
51. I nostri
modelli
Gesù di Nazareth, unto dallo Spirito per annunciare
la Buona Novella ai poveri 7, ha
accolto con cuore semplice e generoso la vocazione che il Padre gli affidò 8 vivendola con fedeltà costante e assoluta
e dedicandosi al servizio e alla liberazione dei poveri e bisognosi del suo
tempo.
La Vergine Maria, eletta da Dio per la vocazione
singolare di essere Madre del Verbo 9,
rispose ad essa con piena responsabilità e dedizione alla persona e opera del
Figlio. Noi Fatebenefratelli apprezziamo in modo particolare il suo modo di
vivere l’ospitalità che in ella ha trovato espressione nell’ apertura
incondizionata del suo essere all’azione di Dio su di essa, nei gesti della sua
maternità, da Nazareth al Calvario, e nella sua disponibilità di mettersi al
servizio degli altri. Dio si è servito di Maria per rivelarsi a Israele e alle
genti 10 attraverso i gesti normali che era
stata chiamata a vivere come madre.
Giovanni di Dio, a partire dalla sua conversione
definitiva, nella quale sperimentò in una maniera completamente nuova per lui
la misericordia di Dio 11, si
senti trasformato dallo Spirito e si dedicò pienamente e con tutte le sue
forze ai poveri e bisognosi di Granada. L’esperienza che visse, si irradiò tra
gli uomini e arricchì la Chiesa. Oggi il carisma dell’ospitalità con cui lo
Spirito dotò Giovanni di Dio, continua a vivere in noi Fatebenefratelli che
abbiamo ricevuto la sua stessa vocazione.
52. Apparteniamo a una “famiglia” di santi
Il carisma dell’ospitalità si è rivelato molto fecondo sul piano
della santità per la Chiesa. La spiritualità propria del nostro Fondatore ha
aiutato molti Confratelli dell’Ordine a configurarsi con Cristo e a manifestare
l’amore di Dio per gli uomini: lo stesso Giovanni di Dio, Riccardo Pampuri, Antón
Martin, Pedro Velasco, Giovanni Grande, Benito Menni... e tanti altri
Confratelli rimasti nell’anonimato. La loro vita ci stimola a camminare sulla
strada dell’amore e ad arricchire la Chiesa attraverso il nostro stile
peculiare di vivere la santità ordinaria.
Nella misura in cui sapremo incarnare gli atteggiamenti
e i gesti del Cristo compassionevole e misericordioso del Vangelo 12, manifesteremo dinnanzi agli uomini un
modo singolare di seguire Gesù capace di dare senso umano e cristiano alla
vita dell’uomo, e saremo uno strumento valido che aiuterà lo Spirito a
suscitare nel cuore dei fedeli il desiderio di vivere come Gesù di Nazareth,
consacrati in castità, povertà, obbedienza e ospitalità.
[1] Giovanni
Paolo II, Omelia, 10 maggio 1981.
[2] Dichiarazioni
del LXII Capitolo Generale, Fase del vedere, Aspetti negativi.
[3] Giovanni
di Dio continua a vivere nel tempo, Roma, 1991, I; 6.8; 8.
[4] Cfr.
Costituzioni, 53-54.
[5] Giovanni
di Dio continua a vivere nel tempo, Roma, 1991, 7.5.
1 Congresso Internazionale di Vescovi e altri
responsabili delle vocazioni ecclesiastiche. Documento conclusivo, n.
42. Per una maggiore concoscenza dei contenuti di ambedue rimandiamo ai numeri
18 e 42 del documento citato.
2 Cfr. Congregazione
per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Direttive
sulla formazione negli Istituii religiosi, Roma, 1990, nn. 33-34; 42.
3 Saedes
Sapientiae, 2.
4 Mc 3,
13; cfr. P.C. 1
5 Evangelica testificatio, 7.
6 At 10, 38; Costituzioni
2.
7 Concilio Vaticano II, Optatam totius, n. 6.
8 Gv 15, 16.
9 Gravissimum educationis, 2.
10 Direttive sulla formazione negli Istituti
Religiosi, 87. Tutta questa parte è ispirata al paragrafo citato.
11 Cfr. Ibid., 88.
12 Cfr. Cost, nn. 53, 54, 58, 65.
13 Cfr. Cost.,
2. 21.
14 Cfr. Cost., 3b.
15 Cost., 22b.
1 Cfr. St. Gen., 28h.
1 Cfr. Mc 3, 13-14; Gv 15, 9.16;
Cost. 5b.
2 Cfr. Cost. 2.
3 Cfr. Es 3, 7-9.
4 Cfr. Cost. 3.
5 Rm 8, 29; At 10, 38.
6 Cfr. Mt 9, 36-38; Cost. 53d.
7 Lc 4, 18.
8 Cfr. Eb 10, 7; 2, 10.
9 Lc 1, 26-38.
10 Cfr. Lc 1, 39-44; 2, 21-38; Mt 2, 1-12.
11 Cfr. 1 DS 13.
12 Cfr. Cost. 2, 3.