Giovanni di Dio continua a vivere nel tempo
Messaggio per il 3°Centenario della canonizzazione di S.Giovanni di Dio
Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio
Fatebenefratelli
GIOVANNI
DI DIO CONTINUA A VIVERE NEL TEMPO
Messaggio del Governo Generale dell’Ordine
in occasione del Terzo Centenario della
Canonizzazione
di San Giovanni di Dio
Edizioni
Fatebenefratelli
1992
1.O. INTRODUZIONE
Alla chiusura del terzo centenario della
canonizzazione di San Giovanni di Dio, noi membri del Governo Generale
desideriamo rivolgerci a tutto l’Ordine.
Le nostre parole vogliono essere parole di incoraggiamento
e di stimolo per quello che abbiamo realizzato nella storia e per quello che
siamo chiamati a fare.
Il nostro mondo è un mondo difficile. Il Santo Padre
nel suo magistero richiama spesso le difficoltà che contrassegnano il secolo in
cui viviamo, ma contemporaneamente ricorda che in ogni epoca si sono avvicendati
problemi diversi e che noi uomini della Chiesa siamo chiamati da sempre e
ovunque a dare un senso di festa e di speranza alla realtà a cui apparteniamo.
1.1. Personalità del Santo
Reputiamo fondamentale iniziare questa riflessione
con un preciso riferimento al nostro Fondatore. Non a caso abbiamo scelto di
intitolare questo documento: Giovanni di
Dio continua a vivere nel tempo.
Analizzando la traiettoria della sua vita, i! processo del suo progressivo
incentrarsi su Cristo e la coerenza del suo agire di fronte alle necessità
altrui, non possiamo non sentirci innamorati ed entusiasmati dal suo essere,
dalla sua personalità.
Siamo di fronte a un uomo quasi insignificante,
proveniente da una condizione sociale e psicologica certo non favorevole:
abbandono della casa paterna nell’infanzia, paese straniero, scarsa
formazione, lavoro rudimentale, esperienze di guerra...
Da tutto ciò è nato un uomo toccato da Dio, un uomo completo, giusto e
capace di gettarsi anima e corpo nell’opera a cui si è sentito chiamato.
1.2. Elementi positivi della sua figura
Qui di seguito desideriamo sottolineare in modo particolare alcuni suoi
aspetti positivi. Ciascuno di noi ha un rapporto particolare con il nostro
Fondatore, avendo vissuto esperienze personali che lo hanno portato a valorizzare
certi aspetti piuttosto che altri. Ora noi non possiamo conoscere e menzionare
tutto ciò che ognuno ritiene determinante della realtà vissuta da San Giovanni
di Dio, quello che desideriamo fare è di presentarVi cinque aspetti che
consideriamo essenziali del suo essere e che per noi racchiudono tutto il
valore della sua presenza nella storia.
La sua fede:
abbiamo
scelto di aprire il nostro elenco con questo aspetto, perché reputiamo che Giovanni
di Dio nella sua maturità sia stato soprattutto un grande uomo di fede e un
grande uomo di preghiera. Tutta la sua vita può essere compresa solo alla luce
della fede. Per Giovanni di Dio infatti a un certo punto non esiste più il
conflitto, non esiste più la difficoltà. Dal segno di Cristo tutto si può
comprendere. Con la forza di Cristo per tutto ci si può impegnare. In Cristo
egli pone tutta la sua fiducia.
La sua sensibilità di fronte alla sofferenza
dell’altro:
questa
caratteristica diventerà l’espressione stessa della sua vita. Non può rimanere
impassibile di fronte alle disgrazie dell’uomo che considera suo prossimo.
Anche se sa manifestare sempre nella sua vita un senso di gioia e affrontare
ogni situazione con uno spirito sereno, si sente colpito da ogni necessità,
qualunque essa sia. Ha fatto proprio lo spirito paolino: piangere con coloro
che piangono e ridere con coloro che ridono.
Il suo impegno incondizionato:
questa
qualità gli deriva dalle due attitudini appena menzionate. La sua fede si fa
impegno, perché in Cristo sperimenta Colui che ha dato tutto se stesso per
tutti. La sua sensibilità cresce ogni giorno, perché, anche se sa di non poter
arrivare ai problemi di tutti, si sforza di raggiungere il maggior numero
possibile di bisognosi e di persone. Lo fa con una donazione e dedizione che a
ciascuno di noi sembra impossibile poter realizzare. Nel suo essere ha colto
appieno il senso di ciò che significa “ospitalità”.
La varietà del suo apostolato:
una delle
cose che sorprende di più chi studia la vita del nostro Fondatore, è la varietà
delle situazioni a cui va incontro o in cui si mette. Ciò è espressione del suo
approccio universale e della ricchezza del suo cuore. Persiste tuttavia in
lui l’opzione fondamentale per il suo ospedale e i suoi ricoverati, ma sempre
alla condizione che ciò gli permetta di prendersi cura di una variegata gamma
di situazioni.
La sua umiltà:
Giovanni di
Dio è veramente e profondamente un uomo umile senza l’affanno del
protagonismo. Si fa strumento di Dio, considerandosi l’ultimo dei fratelli, il
più grande peccatore degli abitanti dell’ospedale, incapace di progettare la
fondazione di un Ordine a cui soltanto lo Spirito del Signore si incaricherà di
dare vita dopo la sua morte. Come Maria proclama la grandezza del Signore
vivendo appieno la sua piccolezza.
1.3. La fondazione dell’ospedale
Dopo aver
ascoltato la predica di San Giovanni d’Avila, nel nostro Fondatore aumenta
sempre più la consapevolezza di essere chiamato da Dio. Tale chiamata gli viene
evidenziata finalmente in tutta la sua luce dai malati e bisognosi che incontra
per le strade della città di Granada.
Incomincia
a prendersi cura di loro offrendo cibo e amicizia e accompagnandoli di giorno e
di notte, sino a quando riuscirà ad aprire il suo primo ospedale nella calle
Lucena, che per motivi di spazio trasferirà poi alla Cuesta de los Gomerez.
Nell’ospedale
vuole assisterli a modo suo, con le risorse che riesce a reperire, e al suo
stile. Con amore, umanità, igiene, con tutti i mezzi disponibili.
Giovanni di
Dio è stato indicato come il fondatore dell’ospedale moderno e lo si considera
giustamente l’ideatore di un nuovo stile di assistenza.
1.4. Le persone che lo seguirono
Sin
dall’inizio Giovanni di Dio si avvale dell’aiuto di alcuni collaboratori nel
suo ospedale, distribuendo generosamente i doni ricevuti da Dio. Ma è solo
nella seconda parte della sua vita ospedaliera che, come tutti sappiamo, si
uniscono a lui man mano veri e propri
compagni. Questi vengono per lo più da situazioni sregolate.
Giovanni di
Dio doveva veramente esercitare una grande attrazione. L’uomo che non voleva
essere protagonista, l’uomo umile, l’uomo di fede, trascina sulla sua scia una
moltitudine di persone che sino a quel momento, per comportamento e atteggiamento,
erano molto lontane dal Vangelo. In lui si mescolano l’umano e il divino, il
divino che si è fatto umano e l’umano che ha fatto spazio al divino.
I compagni
lo aiutano nella gestione quotidiana della vita dell’ospedale. Captano il suo
messaggio, i suoi criteri e il suo modo di agire. Lo sostituiscono durante i
suoi lunghi viaggi. Ma soprattutto diverranno i continuatori della sua opera
assimilando direttamente da Lui il suo carisma per trasmetterlo poi nel tempo.
1.5. Il suo impatto con la società
L’attrattiva
di Giovanni di Dio non raggiunse soltanto una ristretta cerchia di persone, ma
si diffuse presto in tutta Granada, gran parte dell’Andalusia e in molte altre
parti della Spagna.
Qualcuno
asserirà che la società in cui visse era più ricettiva, meno secolarizzata,
meno organizzata dal punto di vista sociale e più propensa alla proclamazione
di eroi. Ma è fuori dubbio la validità del suo segno, del suo impegno e il
popolo lo seppe riconoscere.
La rapidità
con cui aumenta il numero dei suoi seguaci e si moltiplicano i suoi ospedali
va considerato sicuramente in parte come frutto della sua forte personalità
con la società di allora.
2.0.TRAIETTORIA STORICA DELL’ORDINE
2.1.Alcuni aspetti chiave
Desideriamo
cogliere questa occasione per mettere a fuoco, attraverso l’analisi di alcuni
punti determinanti, il nostro presente e futuro.
In seguito vogliamo
segnalare alcuni aspetti che consideriamo punti-chiave nella storia
dell’Ordine.
— Innanzitutto vogliamo
mettere in risalto come aspetto trascendente
per l’Ordine il fatto che Antón Martín e i suoi compagni, dopo la morte di
Giovanni di Dio, abbiano trovato la forza di vivere e pertanto di trasmettere
alle generazioni successive, lo spirito che avevano sperimentato nel nostro
Fondatore.
— Anche se
furono i primi compagni di Giovanni di Dio a trasmetterci il carisma del nostro
Fondatore dopo la sua morte, va attribuita una particolare importanza a quel gruppo di Confratelli che fecero il loro ingresso nelle file dei
suoi seguaci nell’anno 1555 negli ospedali di Madrid e di Granada, gruppo
che si distinse per ingegno, preparazione e capacità di organizzare l’Ordine
nascente. Ci riferiamo a Rodrigo di Sigüenza, Baldassare Herrera, Fruttuoso di
San Pedro, Melchiorre de los Reyes, Sebastiano Arias e Pietro Soriano.
— Allo stesso modo desideriamo mettere in
risalto la disponibilità di spirito dei
Confratelli nella seconda metà del
XVI secolo nell’accogliere l’opera di Pietro Pecador e Giovanni Grande,
anch’essi ospedalieri, e lo sforzo compiuto da questi e dai loro seguaci per
integrarsi nell’istituzione dei religiosi del Beato Giovanni di Dio.
— Un altro aspetto di cui a nostro avviso va
assolutamente tenuto conto, è la
rapidità con cui l’Ordine si espanse
nello stesso XVI secolo in Madrid, Andalusia, Italia, America, Austria.., e
nel XX secolo, in virtù delle restaurazioni, nelle Province anglofone, in
Asia, Africa ecc.
— Va rimarcato poi che inizialmente noi come
Ordine, per una serie di circostanze, abbiamo vissuto nella Chiesa come due Congregazioni per poi riunirci nel
XIX secolo, per le stesse circostanze, in un solo Istituto.
— Un altro aspetto di primaria importanza va
individuato nella capacità di integrarsi
con la storia che i Confratelli hanno
mostrato, mettendosi al suo passo e aprendosi di volta in volta alle nuove
situazioni di emergenza e urgenza: guerre, epidemie di peste, e altre
necessità che seppero cogliere e che diedero vita a nuove fondazioni.
— Da
sottolineare poi la dedizione totale nel
servizio ai malati dimostrata dai nostri Confratelli, al punto che in molti
casi essi stessi furono contagiati dalle malattie che tentarono di curare. Sono
molti infatti i Confratelli nella nostra storia che, tra l’America, le
Filippine, la Polonia e la Spagna, pagarono questo servizio caritatevole con
il martirio.
— Infine segnaliamo le restaurazioni, così come sono
avvenute in Francia, Spagna, Portogallo e America Latina e che testimoniano le
difficoltà che talvolta incontriamo nell’esercizio del nostro carisma e i
limiti a cui noi religiosi ospedalieri siamo soggetti. Ma esse sono nello
stesso tempo prova della nostra capacità di tornare, di rinascere con l’aiuto
di Dio.
2.2. Figure rilevanti
Lungo gli anni della nostra storia c’è stato un
susseguirsi di Confratelli che, pur essendo uomini come noi, hanno saputo
vivere con una speciale fedeltà la chiamata del Signore. Perciò è cosa buona
ricordare la loro vita e valorizzare ciò che hanno fatto. Molti di essi sono
rimasti nell’anonimato. Altri sono entrati nella storia e di questi vogliamo
presentare alcuni tratti caratteristici.
2.2.1. I
Santi
San Giovanni di Dio lo abbiamo trattato
all’inizio. Egli, per noi, deve essere tutto e non ci deve essere giorno, in
cui la contemplazione della sua persona non ci sia da stimolo per fare bene.
San Riccardo è il Santo del nostro tempo: semplice,
umile, preparato, dedito ai malati, apostolo, sereno, credente. Un testimone in
tutto e per tutto.
2.2.2. I Beati
Il Beato Giovanni Grande, un uomo di una bontà e
generosità encomiabile. Nonostante fosse un uomo umile e schivo, fu capace di
affrontare il compito di ridurre il numero degli ospedali nella città di
Jerez, e di unirsi, assieme ai suoi seguaci, all’istituto nascente di Giovanni
di Dio. Morì di peste, vittima di espiazione per la cessazione del terribile
morbo.
Il Beato Benedetto Menni, strumento scelto da P.
Alfieri per la restaurazione dell’Ordine in Spagna, Portogallo e America
Latina. Leale e fedele ai principi che gli furono impartiti. Grande uomo
d’azione, fondò un’infinità di opere e la Congregazione delle Suore Ospedaliere
del Sacro Cuore di Gesù, ampliando così l’ambito del carisma dell’ospitalità.
171
Confratelli Martiri della guerra civile in Spagna, prossimi alla
beatificazione, che assieme agli altri martiri sono stati esempio del servizio
ospedaliero e della testimonianza della fede. Tra loro troviamo persone mature
e persone giovani, uomini colti e con incarichi di alta responsabilità assieme
a Confratelli semplici. Tutti seppero essere all’altezza che in quel momento
richiese la loro vocazione.
2.2.3. Altri Confratelli
Sarebbe
senz’altro una bella cosa, se potessimo narrare qui la vita e le azioni di
molti altri nostri Confratelli. Ma purtroppo lo spazio ce lo vieta. Pertanto
ci limiteremo a segnalarne alcuni iniziando da Fra Francesco Camacho, il
quale, convertitosi all’ideale di San Giovanni di Dio, dedicò poi tutta la sua
vita alla nostra causa nella città di Lima (Perù). Fra Gabriele Ferrara, grande
chirurgo e fondatore della Provincia Germanica, insignito con diverse
decorazioni dall’imperatore d’Austria. Fra Manuel Chaparro, religioso
ospedaliero illuminato, del Cile, professore di filosofia all’università di
Santiago, prima inventore di una mistura propria contro il vaiolo, poi
propagatore del vaccino che era stato appena scoperto. Fra Giovanni Maria
Alfieri, uomo di grande coraggio, promotore della restaurazione in Spagna e
del rinvigorimento morale dell’Ordine in Italia. Fra Eustachius Kugler, servo
di Dio, per molti anni Provinciale della Provincia Bavarese che seppe guidare
con grande semplicità e forza d’animo, in un momento politico particolarmente
grave. Recentemente abbiamo poi scoperto nella città di Camagüey in Cuba la
figura di Fra José Olallo Valdés che seppe resistere da solo per ben 23 anni
nel suo ospedale, da cui riuscì a strapparlo soltanto la morte nel 1889.
Potremmo
continuare ancora a lungo. Ci piacerebbe tanto saper leggere nella storia,
nella nostra storia per illuminare il presente.
2.3. Differenti
modalità di servizio apostolico
Nella
traiettoria storica che abbiamo appena delineata incontriamo una varietà
ricchissima di attività apostoliche realizzate dai nostri Confratelli. Di
solito crearono piccoli ospedali generici che però in alcuni casi diventarono
centri di grande importanza con 150 fino a 200 posti-letto. Inoltre assunsero
spesso incarichi affidati loro dai vari governi nel campo dell’assistenza e
dell’organizzazione degli ospedali, nella direzione di campagne sanitarie sia
in guerra che in caso di epidemie, nella razionalizzazione delle risorse
sanitarie come nel caso di Jerez. Tra i Confratelli figurarono spesso grandi
personalità che furono pionieri nella cultura chirurgica e sanitaria,
nell’applicazione di nuove tecniche e nell’insegnamento universitario. Infine
va segnalata la questua che permise ai nostri centri di dedicarsi gratuitamente
all’assistenza dei poveri.
2.4. L ‘ingranaggio centrale del loro vivere e
operare
Sono essenzialmente due le
coordinate su cui i Confratelli centrarono la loro vita:
— la
spirito di fede;
— la
forza apostolica.
Su queste basi poterono
creare uno stile di assistenza che aveva come caratteristica essenziale
l’attenzione integrale alla persona malata e bisognosa, e seguire lo spirito
di San Giovanni di Dio e di coloro che li avevano preceduti sino a questo
momento.
2.5. il nostro momento storico alla luce di questa
traiettoria
Questa riflessione ci porta
direttamente al cuore del nostro presente. Nei capitoli seguenti desideriamo
fare una lettura positiva di questi dati per poterci lanciare verso le
risposte che siamo chiamati a dare oggi.
3.0. VALIDITÀ DELLE NOSTRE
RISPOSTE
3.1. La nostra società tecnicizzata
L’uomo ha raggiunto il
progresso dell’umanità esercitando l’abilità donatagli da Dio per scoprire e
utilizzare nuove tecniche.
La tecnologia ha
rivoluzionato le strutture sociali e politiche nel mondo di oggi. Dalle vaste
steppe della Siberia alle risaie dell’Asia vediamo mettersi in cammino interi
popoli alla ricerca di quella tecnologia che può migliorare e rendere più
umana la loro vita. Il carisma dell’ospitalità ha sempre saputo abbracciare
gli aspetti della tecnologia che promuovono e servono la vita. Oggi ciò
costituisce sia la nostra tradizione che la nostra sfida.
3.1.1. Sacche di povertà
Nel nostro mondo la
tecnologia ha creato molte “sacche di povertà”. Ci sono milioni di persone
povere perché disoccupate a causa dell’automazione e meccanizzazione e ci sono
ancora milioni di persone che non hanno accesso alle tecnologie semplici
disponibili che sarebbero capaci di sfamarli, proteggerli e guarirli.
3.2. La nostra società industrializzata
L’industrializzazione è un
fatto che condiziona profondamente il mondo in cui viviamo e realizziamo il nostro
apostolato.
Anche se
sono molti coloro che beneficiano dell’industrializzazione, non possono essere
dimenticati quei molti altri che ne sono vittime.
La società
industrializzata è una società fondamentalmente caratterizzata dal consumismo
e dal materialismo. Noi che siamo religiosi e ospedalieri per vocazione,
cerchiamo di contribuire a correggere gli squilibri provocati nella società da
questi due atteggiamenti. Lo facciamo professando e vivendo uno stile di vita
caratterizzato da un profondo rispetto per l’individuo, il cui valore, quale
creatura di Dio, non può mai essere ridotto alla sua pura capacità produttiva.
3.3.
Divari e
rapporti
3.3.1. Nord/Sud
Noi tutti
sappiamo che gli abitanti dell’emisfero settentrionale del mondo posseggono,
gestiscono e consumano una quantità sproporzionata delle risorse della terra.
Sappiamo anche che nell’emisfero meridionale è addensata una massa ugualmente
sproporzionata di povertà e sofferenza.
Le ragioni
per questo stato di cose sono complesse e condizionate da fattori climatici,
culturali e storici.
Fattori che
hanno fatto anche sì che l’Ordine concentrasse la sua attività nel Nord.
L’Ordine è nato in Europa e ancora oggi, nonostante l’espansione considerevole
avvenuta negli ultimi anni nel Sud, il 70% dei Confratelli vivono e operano in
Europa. Se escludiamo le case e le opere dell’Ordine in Australia e Nuova Zelanda,
constatiamo che solo il 26% (60) dei centri e servizi assistenziali
dell’Ordine sono dislocati nell’emisfero meridionale del mondo.
Il recente Capitolo
Generale, nel prendere atto di situazione, ha voluto sottolineare in una delle
sue dichiarazioni che “la richiesta più urgente nel servizio dell’ospitalità,
oggi viene dai paesi in via di sviluppo, che chiedono con pieno diritti un’equa
ripartizione delle risorse materiali, umane e spirituali che ci sono state affidate”
(DCG).
Questa
dichiarazione impone di interrogarci, se il nostro approccio al Sud del mondo è
veramente caratterizzato da “un’equa ripartizione delle nostre risorse materiali,
umane e spirituali”.
3.3.2.
Est/Ovest
Quanto
appena detto del Sud, può essere applicato in termini quasi identici all’Est.
In alcuni paesi dell’Europa dell’Est, la repressione politica ha ridotto molte
persone ad una condizione di vita in cui l’urgenza di un intervento
dell’ospitalità pare ugualmente pressante come al Sud.
I
Confratelli che in questi paesi sono rimasti fedeli al nostro carisma,
nonostante la privazione di gran parte dei diritti umani e la persecuzione
religiosa, oggi costituiscono la base da cui può di nuovo essere lanciata
l’ancora dell’ospitalità a una moltitudine di popoli che già in passato avevano
accolto e appoggiato la presenza e l’attività del nostro Ordine.
Questi
Confratelli, testimoni fedeli, dopo tanti e lunghi anni di sofferto silenzio,
chiedono pure con pieno diritto una ripartizione equa delle risorse materiali,
umane e spirituali che ci sono state affidate.
3.4. 1 nuovi bisogni
L’ Ordine, nel recente passato, ha fatto un grande sforzo per individuare i
nuovi bisogni e i nuovi bisognosi a cui il carisma di San Giovanni di Dio
dovrebbe aprirsi oggi. Tra questi figurano: i malati cronici, i malati terminali,
gli handicappati fisici e mentali gravi, gli anziani, gli immigrati e
rifugiati, i senzatetto, le vittime dell’ingiustizia, i tossico-dipendenti, i
malati di AIDS e i disoccupati.
3.5. Il servizio ai malati e bisognosi: tradizione
evangelica ed ecclesiale
Nel Nuovo Testamento le guarigioni miracolose operate da Gesù vengono
presentate come segni anticipatori dei tempi messianici (Mt 11, 4-5). Non solo
Gesù, ma anche i suoi discepoli guarirono i malati (Mt 10, 1). Nella Chiesa
primitiva il carisma della guarigione si rivelò attraverso i miracoli compiuti
dagli apostoli (At 3, 1-16; 8, 7; 9, 32-42). San Paolo include tra i carismi il
dono di compiere guarigioni (1Cor 12, 9; 28, 30).
La cura dei poveri e dei malati è sempre stata parte integrante della
comunità cristiana sin dal suo nascere.
L’attenzione della comunità cristiana verso i poveri, i malati e i
bisognosi si è tradotta spesso nella creazione di istituzioni laicali e
religiosi, dedite al servizio di queste persone.
3.6. La presenza della Chiesa con le opere
apostoliche
Gesù è disceso tra noi per annunciarci la venuta del Regno di Dio (Mt 12,
28), Regno che non ha ancora raggiunto la sua pienezza. Gesù stesso lo
paragonava a un seme destinato a crescere in segreto (Mc 4, 26-29).
La persona e l’insegnamento di Gesù continuano ad
attrarre molte persone, nonostante siano passati 2000 dalla sua morte. Questo
deriva dal fatto che in Lui riconosce una persona la cui vita è stata in tutto
e per tutto espressione di amore verso Dio e verso l’uomo.
Noi viviamo in un mondo dove si avverte un grande
interesse per Dio, unito a un reale distaccarsi dalla Chiesa istituzionale.
Le opere apostoliche caritative della Chiesa testimoniano l’amore che
costituisce il centro della sua missione. Esse, spesso, aiutano la Chiesa a
raggiungere persone che non si sarebbero mai avvicinate spontaneamente.
Aiutano a rivedere l’immagine della Chiesa e la mettono in condizione di essere
uno strumento di salvezza veramente efficace.
3.7. Il contributo dei nostri centri
I nostri centri, impegnati nel campo sanitario e sociale, offrono un
importante contributo alla missione della Chiesa, aiutandola a proclamare e a
manifestare l’amore che Dio nutre per “gli ultimi”, per coloro che soffrono,
qualunque sia il loro dolore.
Giovanni Paolo II, nel suo indirizzo di saluto ai Capitolari del Capitolo
Generale del 1988, tra le altre cose, disse che noi religiosi ospedalieri
possiamo trovare il fondamento della nostra consacrazione a servizio della salute
nelle parole “.. .ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi
miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).
3.8. Illuminati dallo spirito di San Giovanni
di Dio
I centri
assistenziali del nostro Ordine offrono una prerogativa straordinaria, perché
donano a coloro che soffrono la presenza misericordiosa di Gesù di Nazareth,
secondo lo stile e l’esempio di San Giovanni di Dio.
Lo spirito
di San Giovanni di Dio era quello di servire gli altri senza badare a se
stesso. Il suo servizio tendeva a portare sollievo alla loro sofferenza e a
infonderle lo spirito della creazione e della redenzione. Giovanni di Dio non
si considerava mai come benefattore di coloro che serviva ma come loro
fratello da cui avevano il diritto di aspettarsi un aiuto. Lo spirito di San
Giovanni di Dio e di conseguenza lo spirito che caratterizza i centri
assistenziali che continuano a operare oggi nel suo nome, è uno spirito di
amore che si manifesta nella solidarietà e nel servizio.
4.0. LE COSTITUZIONI, IDEALE DI VITA
La Lumen Gentium, nei paragrafi 43 e 44,
dice che la vita religiosa, pur non facendo parte della struttura gerarchica
della Chiesa, appartiene indissolubilmente alla sua vita e alla sua santità.
Non si tratta di uno stato intermedio tra la condizione clericale e quella
laicale, ma da entrambi le parti alcuni fedeli sono chiamati da Dio a godere di
questo speciale dono nella vita della Chiesa.
Abbiamo
voluto riportate qui questo pensiero per sottolineare ancor’una volta la
validità della nostra vita. Nel nostro peregrinare per le Comunità dell’Ordine
ci imbattiamo spesso nell’angoscia provocata dal nostro progressivo
invecchiamento, nella paura causata dall’eventualità di dover abbandonare
certe nostre istituzioni e nella sofferenza derivata dall’incapacità di comprendere
certe nuove forme di vivere e di agire.
Vedremmo
volentieri che tutto ciò che è di insano in noi sparisse dai nostri cuori.
Vedremmo volentieri che noi tutti arrivassimo a vivere in profondità l’ideale
di vita, al quale siamo chiamati e che ci viene proposto in tutta chiarezza
dalle nostre Costituzioni. Riconoscendo sì i nostri limiti e le difficoltà
inerenti al nostro essere, ma senza perdere la disponibilità a superarli.
4.1. La
nostra identità
Noi siamo
dei religiosi dediti alla vita apostolica che seguono nella Chiesa il cammino
tracciato da Giovanni di Dio (Cost 1).
Abbiamo
ricevuto come dono il carisma dell’ospitalità che ci conferisce la capacità di
esercitare nella Chiesa e nella nostra società una specifica missione, al
servizio degli infermi, fondata su una spiritualità peculiare che ognuno di
noi è chiamato ad arricchire con il suo personale contributo (Cost 2-6).
Qualcuno
dirà: tutto questo è teoria, sono parole. Ognuno di noi invece deve fare in
modo che diventi realtà. Soltanto così potremo vivere gioiosamente come singoli,
come Comunità e come Ordine. Ognuno di noi deve rispondere quotidianamente
alla chiamata del Signore, compiendo quegli sforzi e quei sacrifici che la
nostra vocazione implica.
4.2. La nostra consacrazione
In un mondo
che non crede più al carattere sacro della vita ed è impegnato a cancellare la
stessa presenza di Dio, noi dobbiamo essere dei testimoni che vanno controcorrente.
Ci siamo consacrati a Dio perché desiderosi di vivere, qui e adesso, seppure
con i nostri limiti, la verità salvifica, della quale saremo pienamente partecipi
nel Regno di Dio.
Consacrarsi significa “separarsi per Dio”, e ciò e secondo gli atteggiamenti
evidenziati nel II Capitolo delle nostre Costituzioni. La capacità di amare, la
fecondità della nostra esistenza, l’universalità, la maturità, la generosità,
la solidarietà, l’austerità, il rispetto, l’apertura alla volontà di Dio,
l’ospitalità, la dedizione totale a coloro che soffrono, il saper stare a
fianco di coloro che condividono il nostro impegno: tutto altre cose
costituiscono l’essenza della nostra consacrazione e il nostro programma di
vita che esige maturità, disciplina e sacrificio.
Qualcuno,
in modo bonario, potrebbe controbattere: dove mai si trovano incarnati tutti
questi atteggiamenti nella realtà? Accettiamo quest’osservazione. Ma quello che
non possiamo accettare è di continuare a nasconderci dietro le nostre
incapacità e alle cosiddette impossibilità. Dobbiamo vivere con la convinzione
che Dio ci è vicino, che ci accompagna e che continuerà ad aiutarci.
4.3. La
nostra Comunità
4.3.1. Comunità di preghiera
Abbiamo già
avuto modo di segnalare come San Giovanni di Dio sia stato un uomo di grande
preghiera. Anche i Confratelli a cui abbiamo accennato dopo, sono da
considerarsi tali, seppure in modo certamente diverso a seconda della loro
particolare personalità.
Una delle
difficoltà che noi Fatebenefratelli oggi incontriamo è la fatica di vivere e
sperimentare la presenza di Dio nella nostra vita quotidiana e di metterci in
constante dialogo con Lui. Una vita di preghiera vissuta in profondità può
invece trasformare, anche se lentamente, il nostro essere e darci la capacità
di accettare la nostra incapacità.
Da ciò il
nostro invito a tutti voi affinché siate uomini di preghiera (Cost 27-35).
4.3.2. Comunità
di vita fraterna
Nel
presentare la vita fraterna le nostre Costituzioni (26) affermano che la
nostra esistenza testimonia al mondo la possibilità della convivenza umana e
considerano come elementi costitutivi della nostra vita di comunione:
l’ospitalità, l’equilibrio e il senso comune di ciascuno, la gioia e la
responsabilità di sapersi comunità, il rispetto e l’accettazione dell’altro, i
momenti di dialogo e discernimento sulla volontà di Dio.
Desideriamo
qui spronare noi stessi e voi a impegnarci con più forza per la vita fraterna,
poiché sembra che si stia un p0’ perdendo questo valore. Tra di noi si sono
radicate troppe barriere che impediscono un’autentica comunicazione.
Costruire la fraternità richiede sforzi e sacrifici.
4.3.3. Comunità di servizio apostolico
Guardando al
Vangelo, alla presenza storica di Gesù, al segno che ha lasciato Giovanni di
Dio e al percorso storico del nostro Ordine, non possiamo non proclamare la
grandezza e la dignità del nostro apostolato.
Ancora
per noi, oggi, il malato e il bisognoso debbono essere il centro della nostra
vita: esistiamo per loro, ci prepariamo culturalmente e tecnicamente per assisterli
(Cost 44), realizziamo un’assistenza umanizzata e assicuriamo un’etica che dia
dignità all’azione in campo sanitario, pedagogico e sociale.
Il nostro apostolato esige
l’utopia e l’entusiasmo, esige un forte senso di appartenenza, esige di
assumere i gesti e gli atteggiamenti di Gesù. Sono tutte realtà sulle quali non
possiamo vacillare.
4.4. Le
vocazioni e la loro formazione
Stiamo
attraversando un momento in cui, di fatto, ci sono poche vocazioni. La società
industrializzata e secolarizzata ha contribuito enormemente a questa situazione.
In quelle parti del mondo, dove l’Ordine accoglie nuove vocazioni esistono
delle difficoltà a consolidarle.
Siamo in
fase decrescente oramai da diversi anni, ma siamo anche convinti che questa
discesa avrà fine.
La nostra
proposta dinanzi a questa problematica che investe tutto l’Ordine si articola
in tre aspetti:
— pregare il Signore della Messe;
— valorizzare sempre di più la nostra vita,
affinché sia una vera testimonianza;
— fare uno sforzo comunitario in campo
vocazionale.
Sappiamo
che è impossibile impegnarci tutti nel campo vocazionale, ma sappiamo anche che
potremmo fare di più di quello che stiamo facendo.
E vero
che non abbiamo vocazioni, ma è altrettanto vero che spesso non sappiamo consolidare
con un incisivo processo di formazione quelle che ci vengono donate. Dobbiamo
prima di tutto sforzarci di coltivare la nostra propria vocazione, tenendo
conto delle precise direttive della Chiesa e di quelle contenute nel IV Capitolo
delle nostre Costituzioni che ci offrono a questo proposito un programma molto
ampio.
4.5. La
dimensione missionaria della nostra vita
Tutti siamo
stati chiamati a realizzare nella Chiesa la missione di annunciare il Vangelo
ai malati e ai poveri (Cost 45). Consapevoli di questa responsabilità nella diffusione
della Buona Novella, manteniamo sempre vivo lo spirito missionario (Cost 48),
coscienti che questo invito diventa una risposta di fede alla nostra
vocazione.
Nello stesso n. 48 le Costituzioni ci dicono che esercitiamo l’apostolato
ospedaliero potenziando costantemente la nostra presenza in terra di missione,
particolarmente nei paesi meno favoriti. Vorremmo che la nostra vita, la vita
di ognuno dei nostri missionari fosse colma di questo spirito. Portiamo avanti
tanti progetti, molti dei quali con successo. Dobbiamo sforzarci perché siano
sempre espressione del nostro apostolato ospedaliero.
4.6. Uniti ai nostri Collaboratori
Le Costituzioni (51) ci invitano a sensibilizzare i nostri Collaboratori affinché,
esercitando le loro capacità umane e professionali, agiscano sempre con il
massimo rispetto per i diritti dei malati.
Il nostro Ordine si è
avvalso sempre di Collaboratori nell’esercizio del suo apostolato. Dobbiamo
interrogarci costantemente come migliorare il nostro rapporto di
collaborazione. Intorno a questo tema abbiamo sviluppato molte riflessioni,
organizzato incontri e riunioni, stilato documenti ecc. Durante i lavori di
questa Conferenza Generale abbiamo presentato una riflessione come risposta
alle richieste espresse su tale argomento dalle Dichiarazioni dell’ultimo
Capitolo Generale.
Il nostro desiderio è di
promuovere tutto ciò che contribuisca a far nascere una vera comunione tra
Confratelli e Collaboratori nello svolgimento della comune missione.
4.7. Lo stile di animazione e di governo
Nel V
Capitolo, le nostre Costituzioni illustrano ampiamente lo stile di animazione
e di governo che deve permeare la vita dei Confratelli e delle nostre opere apostoliche.
Attualmente siamo noi il gruppo che ha il compito
di realizzare questa attività di animazione e di governo a livello di tutto
l’Ordine. Intendiamo basare la nostra animazione sui principi che emanano dalla
nostra dottrina. Non vogliamo espletare questa nostra funzione nella
dimensione del potere, ma esercitare l’autorità conferitaci come un vero
servizio di animazione, con semplicità e apertura cercando di seguire da vicino
le varie situazioni, con spirito di dialogo e di rispetto, in forma collegiale.
Quanto appena detto, costituisce certamente un
programma molto impegnativo, un ideale difficile da raggiungere, per il quale
ciascuno di noi, partendo dalla situazione in cui si trova, è chiamato a
lavorare a fondo affinché, tutti insieme, possiamo date vita ad un nuovo stile
di presenza nel mondo.
5.0. STRUTTURE
E ATTIVITÀ DI ANIMAZIONE
5.1. La
vitalità delle istituzioni
I dati della Segreteria
Generale rilevano che l’Ordine possiede 198 case. Ma considerando le strutture
annesse o connesse a queste case, possiamo affermare che sono 223 i centri e i
servizi ospedalieri dell’Ordine operanti su scala mondiale.
Il diritto proprio
dell’Ordine conferisce la responsabilità diretta per la vitalità di queste
istituzioni alle Comunità e alle Province.
I centri dell’Ordine offrono
un contributo significativo al servizio sanitario e sociale che la Chiesa
realizza in tutto il mondo con la sua missione.
I Fatebenefratelli e i loro
Collaboratori formano un gruppo di circa 35.000 unità che realizza la missione
della Chiesa nel disimpegno del servizio all’umanità sofferente.
Alcuni considerano l’aumento dei Collaboratori impegnati
nei centri assistenziali dell’Ordine direttamente proporzionale alla
diminuzione dei religiosi.
Se confrontiamo i dati attuali, i religiosi
rappresentano il 4% (4,1% per l’esattezza) sul totale degli operatori
sanitari, con le statistiche del 1965 (eravamo 2176) riferite a oggi, avremmo
il 6% di religiosi sul totale degli operatori sanitari e pertanto possiamo
vedere come l’ipotesi sopra elaborata non sia attendibile.
Possiamo invece giustificare la presenza di un
elevato numero di Collaboratori nei nostri centri con la volontà di migliorare
e adeguare alle attuali esigenze la qualità dei servizi che le istituzioni
dell’Ordine realizzano nelle diverse regioni del mondo.
5.1.1.
Province, Viceprovince e Delegazioni
Anche se, a grandi livelli,
il responsabile dell’animazione dell’Ordine è il Governo Generale, di fatto
sono le Province, Viceprovince e Delegazioni a giocare un ruolo essenziale
nell’animazione della vita dei singoli Confratelli e delle singole comunità.
Di conseguenza il Governo
Generale necessita di un contatto e una cooperazione stretta con i
gruppi-chiave operanti all’interno delle strutture delle Province. Tra questi
gruppi vanno ricordati il Provinciale e il Consiglio Provinciale, i formatori,
i Segretariati e altri gruppi specifici quali: i promotori della Pastorale
Vocazionale, le équipes di Pastorale Ospedaliera, le associazioni laiche ecc.
I programmi stabiliti a
livello generale o interprovinciale sono destinati a rimanere semplici piani,
se non vengono messi in pratica a livello provinciale. Da qui la necessità di
integrare i programmi e gli obiettivi del Governo Generale con quelli dei
Governi Provinciali. I Capitoli Provinciali costituiscono l’opportunità più
adatta per effettuare questa integrazione.
5.1.2. Segretariati
Interprovinciali
L’istituzione dei
Segretariati Interprovinciali ha rappresentato, negli anni recenti, un aspetto
estremamente positivo per la vita dell’Ordine.
Quasi tutte le aree
linguistiche principali sono raggruppate in questi Segretariati. Queste
strutture particolari si presentano anche come le più promettenti per quanto
riguarda l’attuazione di un’efficace opera di coordinamento in regioni di
vaste proporzioni geografiche in cui l’Ordine è presente, come per esempio
l’America Latina e l’Asia.
Lo scopo principale di
questi Segretariati è di coordinare quelle attività della vita dell’Ordine che
offrono la possibilità di collaborazione e di prevenire determinati errori
dovuti all’inesperienza o alla scarsa conoscenza di una materia.
Un’area in cui i
Segretariati Interprovinciali hanno dimostrato tutto il loro valore, è quella
della formazione.
Ovviamente non tutti
questi Segretariati sono attivi nella stessa maniera. Alcuni si incontrano
frequentemente e seguono un dettagliato programma di azione. Altri sono
tuttora solo una formalità e debbono ancora sviluppare il loro potenziale.
Anche l’atteggiamento
delle Province nei confronti di questo istituto varia da Provincia a Provincia:
alcune lo considerano molto utile, altre nutrono una serie di riserve,
soprattutto per quanto riguarda il loro intervento sull’autorità e
sull’autonomia delle Province.
Oltre a portare benefici
reciprochi ai membri, il Segretariato Interprovinciale rappresenta un
interfaccia molto valido tra le Province e la Curia Generalizia.
I rappresentanti di tutti i
Segretariati Interprovinciali si incontrano annualmente, formando lo strumento
principale di animazione del Definitorio Generale, ossia la Commissione
Generale di Animazione dell’Ordine.
5.1.3. Centri interprovinciali di formazione
Il 62° Capitolo Generale si
è pronunciato a favore della creazione di centri interprovinciali di
formazione.
Attualmente
l’Ordine dispone di tre siffatti centri: uno si trova in Spagna e due in
Africa.
Sono varie le motivazioni che convalidano l’istituzione dei centri
interprovinciali di formazione. Le due più importanti sono:
a. poter sfruttare al meglio le qualità e le esperienze di
formatori ben preparati;
b. poter assicurare al processo formativo
il suo elemento essenziale e cioè la possibilità di instaurare tra coetanei
relazioni adeguate e idonee.
Non ci si può aspettare che in un’area delicata come la formazione, centri
di questo tipo funzionino senza difficoltà e problemi. Sia i formatori che i
formandi provengono da diverse culture provinciali e regionali. Quindi ci
saranno sempre momenti di incomprensione e la conseguente tentazione di
ritirarsi dal centro nel caso in cui le tensioni diventino gravi. Ma i
vantaggi di questi centri interprovinciali sono talmente tanti che dovrebbe
essere compiuto ogni sforzo possibile per mantenerli in vita e ampliarli.
5.2. Nuovi
segni
Se le nostre strutture e attività di animazione vogliono essere efficaci,
debbono rispondere ai segni del tempo che interpellano la nostra vocazione.
Sono molti questi segni. I più importanti sono:
— la
rapidità dei cambiamenti che investono tutti i campi della società e della
Chiesa;
— l’emergenza
dei nuovi bisogni e l’urgenza di rispondere in maniera nuova ai bisogni
“vecchi”;
— la
riscoperta dei diversi servizi che la vocazione dei laici può elargire al
popolo di Dio e i suoi effetti sulla vocazione religiosa;
— il
riconoscimento crescente dei diritti e del valore della persona umana in
qualsiasi situazione di vita.
5.3. Opere
apostoliche
L’ Ordine oggi è responsabile di una vasta gamma di opere apostoliche, che
sono operanti sia in aree generalmente coperte dallo Stato sia in aree non
coperte dallo Stato.
La nostra presenza nelle aree coperte dallo Stato è molto apprezzata dalla
Chiesa e dalla gente, perché rende visibile il volto misericordioso di Dio e
difende i diritti dei malati e bisognosi.
In queste aree noi offriamo un modello di assistenza umanizzata salvaguardando
i principi etici e morali e dimostrando come il servizio pastorale costituisca
un elemento indispensabile dell’assistenza sanitaria. Inoltre siamo garanzia
che i poveri non vengano dimenticati o trascurati.
Altre opere apostoliche dell’Ordine sono impegnate a offrire una serie di
servizi in quelle aree che non sono sufficientemente coperte dallo Stato. In
questa maniera testimoniamo che il Signore non abbandona mai l’uomo bisognoso
di aiuto.
In questo
senso, all’interno dell’Ordine, sono nate in tempi recenti alcune opere
apostoliche volte a rispondere a nuovi bisogni o a bisogni che si presentano
urgenti per la società.
5.4. Opere
missionarie
L’Ordine
riceve costantemente appelli a estendere il suo apostolato nei paesi in via di
sviluppo. Esistono vari modi per rispondervi. La risposta tradizionale che l’Ordine
ha dato a queste richieste è stata quella di incaricare le diverse Province a
fondare centri assistenziali nei luoghi dai quali proveniva la richiesta.
Questo
stile di impegno oggi non è più proponibile poiché la diminuzione delle
vocazioni e l’aumento delle difficoltà finanziarie, richiederebbe all’Ordine di
spostare un’ingente quantità di risorse umane e materiali, ormai saldamente
radicate nei paesi sviluppati, nelle regioni meno favorite del nostro pianeta.
Per gli
istituti religiosi sta diventando sempre più difficile rispondere alle diverse
necessità del Popolo di Dio, anche se continuano comunque a manifestare una
sensibilità speciale per le richieste che giungono dai paesi in via di
sviluppo.
In questa
linea l’Ordine sta studiando nuove modalità per fornire risposte concrete alle
aspettative dei paesi più poveri dell’Africa, Asia, America Latina e Oceania.
5.5. Difficoltà
nei centri - risposte e adattamenti
Non è certo necessario ripetere qui tutte le
difficoltà che incontriamo nella gestione dei nostri centri. Esse derivano dal
numero dei Confratelli disponibili, dalla formazione dei Confratelli e dalla
loro età, dal grande numero di Collaboratori, dagli sviluppi tecnologici nelle
aree del nostro apostolato, dalla sindacalizzazione, dalla giustizia sociale e
dai diritti umani, dalle questioni morali ed etiche, dall’aspetto finanziario
e dalle esigenze del management moderno.
Di fronte a queste
difficoltà sono possibili una varietà di reazioni. Noi crediamo che:
— a
livello singolo, ogni Confratello dovrebbe rendere visibile con decisione,
partendo dalla sua situazione particolare, le caratteristiche proprie di un
vero Fatebenefratello;
— a
livello comune (provinciale e comunitario), la presenza ridotta dei
Confratelli e la diminuzione della loro influenza nei centri, richiedono
determinate scelte che tengano conto del contributo speciale con cui i
Fatebenefratelli sono chiamati ad arricchire il servizio della salute e che il
servizio offerto dai Confratelli nei vari posti NON sia o NON possa essere
effettuato anche da laici.
A seconda delle
circostanze, queste scelte potranno portare:
1. ad
aumentare il numero dei Confratelli in alcune opere esistenti, perché il nostro
carisma esige di conservarle nella loro forma attuale o addirittura di
ampliarle;
2. ad
abbandonare alcune opere per permettere al nostro carisma di essere attivo e
produttivo in aree con maggiore urgenza di intervento e, in particolar modo,
per potenziare la nostra capacità di testimonianza comunitaria all’interno del
servizio della salute offerto dalla Chiesa;
3. a
vendere e/o a trasferire alla Chiesa o a organizzazioni civili quei centri in
cui non riusciamo più a operare con la dovuta incisività, affinché possano continuare
la loro attività anche senza il sostegno della presenza dell’Ordine;
4. ad
affidare la direzione e gestione di alcuni centri ad altri enti (ecclesiali o
civili), rimanendo titolare di essi l’Ordine. Questo permetterebbe di mantenere
la nostra presenza nei livelli decisionali dell’istituzione e di salvaguardare
la continuità della filosofia e dei valori dell’Ordine all’interno della
gestione di questi centri;
5. ad
avviare una mirata collaborazione con altri istituti religiosi e
organizzazioni ecclesiali e civili per contribuire allo sviluppo di determinate
opere che rientrano nell’ambito del carisma di San Giovanni di Dio, ma che non
appartengono o sono controllati dall’ordine.
5.6. Conflitto
tra carisma e istituzione
Come la
Chiesa, l’Ordine ha costantemente bisogno di camminare sulla strada del
rinnovamento e della conversione. Le necessità sociologiche dell’Ordine quale
organizzazione stabile umana (anche se di carattere soprannaturale), talvolta
entrano in conflitto con le esigenze di cambiamento che scaturiscono dalla
necessità di attualizzare costantemente il carisma dell’ospitalità.
La forma
attuale della nostra istituzione continua nella stessa linea in cui l’Ordine ha
espresso in passato il suo carisma peculiare.
Essendo il
carisma un’ispirazione dello Spirito Santo, esso non può essere statico, ma
deve, per poter esistere, costantemente essere sviluppato e scoperto.
I bisogni
del nostro tempo si riferiscono in maniera puramente “accidentale” al carisma
dell’ospitalità. Tutti gli istituti religiosi nascono per rispondere ai bisogni
fisici, spirituali e morali reali delle persone. A determinare le risposte ai
segni del tempo è dunque il carisma e nient’altro.
Lo sviluppo
del carisma, che è una costante risposta all’azione dello Spirito Santo, può
portare al conflitto con l’istituzione e ci chiama a una particolare docilità
alla volontà di Dio per poter tramutare questa conflittualità da forza
distruttiva in forza creativa.
La
conflittualità, a cui ho appena accennato, emerge talvolta con particolare
forza in singoli Confratelli. In queste situazioni conflittuali, chi ne è
investito direttamente, ha il dovere morale di mettere da parte i propri
desideri e pregiudizi personali e di mettersi pienamente all’ascolto della
voce dello Spirito per poter cogliere quello che potrebbe essere un momento
profetico per tutto l’Ordine.
5.7. Protagonismo,
individualismo, universalità
E’ nella
natura delle cose che l’Ordine e i suoi membri siano le figure dominanti nella
maggioranza delle opere create e promosse dall’Ordine stesso. Ma in un’era
caratterizzata dalla cooperazione e dalla collaborazione, coloro che sono
impegnati a nome dell’Ordine, si attendono con diritto da parte loro una
maggiore collaborazione per meglio interpretare i desideri, le opinioni e i
contributi altrui.
Nello
stesso clima di apertura e di pluralismo oggi non c’è più posto per un
individualismo che insiste sui propri spazi e diritti, a scapito del vasto
respiro della missione e del bene comune.
In un
messaggio molto chiaro, l’ultimo Capitolo Generale ha sottolineato il desiderio
dell’Ordine di coltivare e sviluppare la sua universalità. In questo senso
l’Ordine è intento a trasformare la sua universalità esistente a livello
geografico e culturale in un’autentica universalità di interessi e di
collaborazione fattiva.
6.0. FUTURO
DELLA PRESENZA DELL’ORDINE OSPEDALIERO
6.1. Confratelli
martiri - scintilla di una vita nuova
La vita
religiosa sta attraversando una crisi e noi stiamo cercando di leggere i segni
che ci confermino che essa continuerà ad avere un suo preciso posto e valore
nella vita del Popolo di Dio. Il Signore ci ha voluto donare questo segno con
il riconoscimento, da parte della Chiesa, del martirio dei Confratelli uccisi
per la loro fede, durante la guerra civile in Spagna.
Lo scopo
della vita religiosa non è di fornire alla Chiesa uno strumento efficace per
sopperire alle necessità in campo sanitario, sociale e pedagogico. Il suo
scopo è di testimoniare i valori del Regno, qualunque sia il prezzo di questa
testimonianza. I nostri Confratelli martiri hanno pagato il prezzo più alto per
la loro fedeltà. Il loro esempio può solo rinforzarci nella nostra vocazione e
spronarci a manifestare, sempre più in profondità, quell’ “amore più grande”
(Gv 15, 13) che loro hanno dimostrato di avere offrendo la vita.
6.2. Particolare
martirio sofferto dai Confratelli dell’Europa dell’Est.
Il rientro
dei nostri Confratelli dell’Europa dell’Est nell’alveo della vita dell’Ordine è
un altro segno per capire come la testimonianza fedele dei valori evangelici,
vissuti dai religiosi e delle religiose, sia più importante per il Popolo di
Dio in tempi di difficoltà e di crisi che non in tempi buoni.
Nonostante la persecuzione e la repressione e senza il sostegno della vita
comunitaria, questi Confratelli hanno saputo individuare vie e modi per
continuare il loro servizio ai malati, agli anziani e agli handicappati. Anche
il loro esempio costituisce un prezioso segno per noi e un dono che ci dà forza
per il futuro.
6.3. Risposte ai bisogni della nostra società
La nostra società ha molti bisogni e ad alcuni di essi noi possiamo
rispondere come persone e professionisti. Tuttavia, come Fatebenefratelli,
dobbiamo offrire alcune risposte fondamentali e insostituibili, che traggono
forza dal nostro stato speciale di consacrati.
6.3.1. Guarigione:
il mondo e
molte nazioni sono traumatizzate dalla violenza e indebolite dalla povertà e
dalla fame. Hanno bisogno di guarire. Noi Fatebenefratelli, attraverso le nostre
varie attività ospedaliere, possiamo portare la guarigione di Gesù in queste
realtà.
6.3.2. Comunità:
la società
di oggi è minacciata in molti luoghi da un progressivo impoverimento delle
relazioni umane. Per molte persone il matrimonio ha smesso di essere
un’istituzione stabile; troppi bambini crescono in ambienti familiari, dove
manca la figure del padre o della madre, o sono abbandonati nelle strade delle
grandi città; i giovani non si ritrovano più nelle loro famiglie e i vecchi sono
diventati un peso. In questo quadro la società ha bisogno di uomini che,
nonostante le molte differenze di età, di carattere e di cultura, sappiano
ritrovarsi come comunità cristiana e vivere una vita che “dimostra al mondo
la possibilità della convivenza umana e della realizzazione in comune die
valori del Regno” (Cost. 26b).
6.3.3. La Buona Novella:
il mondo ha
fame di apprendere la Buona Novella della salvezza e dell’amore del Padre. Come
religiosi annunciamo questa Buona Novella con la nostra attività apostolica
quale risposta alla Chiesa che ci chiama a “presentare Cristo ai fedeli e agli
infedeli, o mentre Egli contempla sul monte, o annunzia il Regno di Dio alle
turbe, o risana i malati e i feriti...” (Lumen gentium 46).
6.4. Gestione futura delle opere dove potrebbero
venire meno i Confratelli
Nella presente riflessione abbiamo già fatto riferimento ad alcune linee
di azione che l’Ordine presumibilmente attuerà per affrontare le varie
difficoltà inerenti alla gestione dei suoi centri assistenziali.
In riferimento alla questione specifica legata al mantenimento futuro di
quelle opere in cui sarà più pressante la mancanza dei Confratelli, possiamo
soltanto sperare di poter continuare una gestione che sia efficiente e
rispondente ai nostri valori e principi, con l’inserimento di professionisti
laici in queste aree.
Nel
passato, quando disponevamo di un maggior numero di Confratelli, la gestione
delle nostre opere richiedeva prima la formazione e poi l’accurata selezione
dei Confratelli più idonei.
Lo stesso
procedimento dovrà essere applicato ai laici che progressivamente assumeranno
un ruolo più importante nella gestione delle nostre opere.
Noi
possiamo chiedere ai laici di sintonizzare i loro valori professionali e umani
con quelli dell’Ordine, soltanto se glieli avremo fatti conoscere. Non
possiamo pretendere che il assumano e assimilino per intuizione. Per poter
esercitare efficacemente il servizio dell’ospitalità, i Confratelli realizzano
un lungo e accurato iter formativo. Se vogliamo che i laici, da noi scelti,
comprendano e promuovano l’ospitalità nella gestione dei nostri centri,
dobbiamo investire per la loro formazione una quantità appropriata di nostri
mezzi umani e materiali.
Se non
dovessimo riuscire a formare dei laici capaci di garantire una adatta gestione
in quei centri dove mancano i Confratelli, non ci rimarrà altra scelta che
ripiegare su una delle alternative illustrate al punto 5.5. della presente
riflessione.
6.5. Analisi e orientamenti
per la nostra vita
Il rinnovamento
della vita e dell’apostolato è una costante responsabilità per i religiosi. Per
questo motivo dobbiamo essere sempre pronti ad analizzare le nostre
esperienze, come singoli e come comunità, e a rinnovarci in accordo con le
necessità e i segni del tempo.
Questo
processo richiede apertura, umiltà, pazienza e fede. Richiede che esaminiamo
insieme attentamente:
1. il
nostro impegno nella preghiera, nello studio e nella riflessione;
2. la
nostra vita comunitaria e la povertà religiosa nella nostra vita;
3. l’importanza che diamo ad aspetti
esteriori e materiali, come per esempio: gli edifici, il vestire, ecc.;
4. la
nostra apertura verso nuovi stili di vita e nuove forme di apostolato;
5. la
finalità e la qualità delle nostre opere;
6. le
iniziative che avrebbe potuto intraprendere il nostro Fondatore nel mondo di
oggi;
7. la
relazione tra i nostri impegni a lungo termine e le nuove forme di ospitalità.
6.6. Principi
atti a rinnovare il valore della nostra vocazione
Fede
La vita
religiosa ospedaliera a cui siamo chiamati, trae il suo significato dalla fede;
fede che manifestiamo rendendo visibile il Dio misericordioso che ci attende
nel Regno annunciato da Gesù di Nazareth. Abbiamo bisogno di approfondire
questa fede.
Preghiera
Pregare non significa
pronunciare delle parole. Preghiamo quando siamo fiduciosamente, amorevolmente
e generosamente consapevoli della presenza di Dio che continua a crearci,
salvarci e santificarci. Abbiamo bisogno di approfondire questa consapevolezza.
Fraternità
Siamo stati
chiamati per essere fratelli e per vivere una vita modellata sullo stile di un
uomo, chiamato Giovanni di Dio, che si considerava fratello di tutti. Abbiamo
bisogno di approfondire il significato della nostra fraternità.
Solidarietà
con i poveri, i malati e gli emarginati
Il tratto
distintivo del nostro Fondatore era il suo atteggiamento verso i fratelli e le
sorelle sofferenti. Egli non si limitò solo a soccorrerli nella loro
sofferenza, ma si calò nella loro sofferenza sia per alleviarla, sia per darle
significato. Abbiamo bisogno di approfondire il nostro senso di solidarietà
verso coloro che soffrono per comprenderli nei loro basilari bisogni umani.
La nostra Tradizione si è sviluppata su questi
principi e saranno questi i principi che ci guideranno verso il futuro.
6.7. Vivere la vecchiaia in una nuova e più forte
dimensione
Frequentemente si afferma che il problema fondamentale
dell’Ordine è la diminuzione dei Confratelli e il loro progressivo
invecchiamento.
L’invecchiamento dei Confratelli
costituisce un problema soltanto nella misura in cui questo porta a una
diminuzione di Confratelli disponibili per l’impegno a tempo pieno
nell’attività dei nostri centri.
Di per sé, i Confratelli anziani non
rappresentano un problema. L’assistenza che la loro età avanzata e le malattie
connesse a questa richiedono, possono essere un problema logistico, ma la loro
presenza tra noi è un dono di Dio. Essi rappresentano infatti una inestimabile
di esperienza, di spiritualità e di qualità umane.
Nel mondo di oggi, il ritiro
dall’attività professionale non coincide più con la vecchiaia.
L’arco della vita può essere articolato
nelle seguenti tre tappe principali:
1. la
tappa iniziale;
2. la
tappa della crescita, del lavoro e della procreazione;
3. la
tappa della vecchiaia.
Oggi abbiamo a che fare con
una nuova tappa che si è inserita di fatto tra la seconda e la terza: la tappa
della pensione.
Nel nostro caso specifico
si tratta di un momento, in cui i Confratelli escono dall’area professionale
dell’apostolato, ma sono ancora capaci di farsi carico di molte altre
attività apostoliche che arricchiscono la loro vita e quella degli altri.
Hanno spesso la capacità di vedere gli eventi attuali
da una prospettiva che, basandosi sulle virtù cristiane della fede e della
speranza, conferisce alle nostre difficoltà e alle nostre ansietà le loro
giuste proporzioni.
Sono sorgenti di preghiera e di contemplazione che
ottengono dal Signore molte grazie per i loro Confratelli inseriti ancora
pienamente nella vita attiva.
Occupano un posto d’onore nella nostra famiglia
ospedaliera.
6.8. Un grido di speranza
Lo Spirito Santo sta operando un profondo cambiamento nella vita
religiosa. Le sta dando una nuova forma e un nuovo linguaggio.
Nella recente pubblicazione dell’Unione dei Superiori Generali: “Fratello
nella Chiesa e nel mondo” leggiamo che noi religiosi, per poter parlare questo
nuovo linguaggio, dobbiamo spostarci dal centro verso la periferia o verso la
frontiera, e che questo spostamento richiederà che attraversiamo il deserto.
Successivamente viene citato Jon Sobrino che in “La risurrezione della vera
Chiesa” afferma che i voti, per la loro stessa struttura, permettono e esigono
di vivere seriamente la sequela di Gesù, anche in situazioni che non sono normali;
che i voti permettono e esigono che i religiosi siano presenti nel deserto, in
periferia e alla frontiera. Per deserto qui si intendono quei luoghi, dove
effettivamente non c’è nessuno.
Anche Giovanni di Dio è andato là, dove non c’era nessuno. Ai suoi giorni
difatti nessuno si prendeva cura dei poveri abbandonati e dei malati mentali.
Allo stesso modo noi oggi, come suoi figli, siamo chiamati dai bisogni
attuali a recarci in luoghi, dove non c’è nessuno. Questi luoghi non debbono
essere necessariamente remoti villaggi nelle montagne o radure strappate alla
giungla. Possono trovarsi in qualche parte dei nostri centri esistenti o in una
città sovraffollata del Primo Mondo.
Ovunque essi siano, là c’è comunque bisogno di noi e nessun’altro è tanto
libero come noi di andarci.
7.0. TERZO CENTENARIO DELLA CANONIZZAZIONE DI SAN
GIOVANNI DI DIO
Desideriamo concludere questa riflessione con una
serie di messaggi.
7.1. Ai
malati e ai bisognosi
Abbiamo voluto indirizzare il primo messaggio a
voi. Vorremmo che raggiungesse tutti voi che vi trovate in un centro
dell’Ordine. Vorremmo che raggiungesse tutte le persone che soffrono.
La sofferenza è una cosa difficile da sopportare.
L’uomo si ribella contro la sofferenza. A volte questa realtà ci travolge e ci
abbatte. Vorremmo che riusciste a scoprire il significato che il dolore riveste
nella storia, nella vostra storia personale.
Il Concilio Vaticano II ci dice che il male, la
morte e la sofferenza acquisiscono senso in Cristo, mentre fuori di Esso sono
destinati a rimanere nel buio.
Vorremmo tenere in mano il rimedio per i vostri
mali. A volte siamo in grado di aiutarvi, altre siamo costretti ad arrenderci
assieme a voi alla nostra impotenza umana.
Come vostri fratelli vi diciamo che ci facciamo e
continueremo a farci carico della vostra realtà. Non sentitevi soli. Vi
vogliamo accompagnare in questi momenti difficili della vostra vita e vi
accompagneremo tutta la vita, se ciò dovesse chiedere il vostro male.
Siete
sempre presenti nelle nostre preghiere. Lavoriamo per guarire i vostri mali,
per far si che recuperiate la salute. Vorremmo che sapeste comprendere il senso
della vostra esistenza, anche se il tanto desiderato stare bene o la salute,
non dovessero arrivare.
Accogliete
dalle nostre labbra il messaggio di pace e di amore del nostro Fondatore.
7.2. A
i Confratelli
A voi,
Confratelli, ci rivolgiamo da fratelli a fratelli. Abbiamo la fortuna di poter
condividere la stessa vocazione.
Nella
maggioranza, vi conosciamo personalmente. Conosciamo i vostri valori, e i
vostri limiti. In questo momento storico vi invitiamo a crescere nell’identità
di Fatebenefratelli.
Valorizzate
la vostra vocazione sino all’ultimo momento della vostra vita. Vivetela con
utopia. Abbiamo voluto offrirvi come aiuto questa riflessione esortativa, a
conclusione delle celebrazioni del terzo centenario della canonizzazione del
nostro Fondatore.
Riscopriamo
la sua figura, quella dei tanti Confratelli e delle tante persone che hanno
plasmato la storia del nostro Ordine.
Vorremmo
che le nostre vite raggiungessero la stessa pienezza che hanno raggiunto le
loro. Che le nostre vite siano piene come le loro di spirito di fede, di
impegno verso la persona malata e bisognosa, di sacrificio in funzione
dell’altro, di generosità, di sensibilità per la sofferenza altrui, di
capacità di captare il loro bene e di saggezza per raggiungerlo, di
semplicità, di umiltà...
Sappiamo che vi preoccupa molto ciò che sta succedendo
nell’ordine: il nostro vivere, i cambiamenti, le nuove forme, la mancata
risposta dei giovani. Facciamo ognuno, nel limite del possibile, la nostra
parte e mettiamoci nelle mani di Dio.
Abbiamo visto che stiamo vivendo un momento difficile.
Viviamolo nella fiducia che Dio è al nostro fianco.
Ascoltate e cogliete questo nostro messaggio: “Per
il bene di chi soffre, vi invitiamo a vivere in pienezza la vostra vocazione”.
7.3. A i Collaboratori
A tutti voi che collaborate in diversi modi con il
nostro Ordine diciamo: Vivete con soddisfazione il vostro rapporto con
l’Ordine, qualunque sia il vincolo che vi lega a noi.
Noi Fatebenefratelli vogliamo rendere visibile lo
spirito di San Giovanni di Dio nei nostri centri, ben sapendo che ciò oggi,
senza il vostro aiuto, sarebbe impossibile.
Perciò vi chiediamo di approfondire questo spirito,
di valorizzarlo e di arricchirlo con i vostri doni, di metterlo in pratica per
il bene dei malati e bisognosi.
Desideriamo il meglio per voi e per le vostre
famiglie. Desideriamo poi rivolgerci distintamente ai tre grandi gruppi,
inclusi nel termine “Collaboratori”.
Al
personale
Vi ringraziamo per la vostra dedizione.
Non c’è vocazione più nobile di quella di aiutare
l’uomo ad essere più uomo. Voi ve lo trovate vicino nel momento in cui soffre e
sente in maniera particolarmente dolorosa i suoi limiti.
Mantenetegli la sua dignità garantendo quei valori del nostro Istituto:
un’accoglienza umanizzata, una scienza a sua misura, un’etica ispirata alla
sacralità della vita. Date prova della vostra professionalità e della
grandezza della vostra vocazione in ogni circostanza.
Sappiate essere vicino all’uomo che soffre e ad aiutarlo a integrare nella
sua vita tutto ciò che comporta la malattia.
Non sappiamo, se ciò che stiamo per dirvi, vi sia stato detto già in altre
sedi e altri momenti. Comunque sappiate che siamo molto felici della vostra
collaborazione.
Ai Volontari
A voi Volontari desideriamo rivolgere una speciale parola di
incoraggiamento. Vediamo con gioia il consolidamento dei vostri gruppi nei
nostri centri, anche se talvolta vi potete sentire un po’ sperduti in questi
luoghi di salute.
Grazie per la vostra dedizione, per il vostro tempo. Attraverso i compiti
che realizzate siete a pieno titolo portatori di dignità, ascoltando,
accompagnando, preoccupandovi, sperando e soffrendo con chi soffre.
Coraggio! Continuate nella vostra missione e ricordatevi che riceviamo
sempre molto di più di quello che riusciamo a dare.
Ai Benefattori
La vostra presenza nell’Ordine ha una lunga tradizione. San Giovanni di
Dio riuscì a portare avanti la sua opera soltanto grazie ai molti aiuti di
quanti vollero essere suoi Benefattori. Delle sei lettere che il nostro Fondatore
ci ha lasciato e che custodiamo come un tesoro, cinque sono indirizzate a
Benefattori.
Molti di voi
neppure conosciamo, talmente disinteressata e anonima è la vostra
collaborazione. Vi ringraziamo e preghiamo Dio, affinché vi ripaghi.
E vero che la
nostra opera oggi poggia in gran parte sulle convenzioni che abbiamo stipulato
con le istituzioni pubbliche, ma è altrettanto vero che riusciamo a raggiungere
molte persone bisognose soltanto grazie ai vostri aiuti.
Che Dio vi
benedica.
7.4. Ai
Cappellani, ai Religiosi e alle Religiose impegnati nei centri dell‘Ordine
Ci rivolgiamo
distintamente a voi, perché siete chiamati al servizio del Popolo di Dio con
una vocazione diversa da quella dei laici e perché condividete con noi il
servizio alla persona malata e bisognosa.
Vi ringraziamo per la vostra
testimonianza.
Vi ringraziamo per
la cura che avete della Pastorale, sia essa diretta all’evangelizzazione o
all’amministrazione dei sacramenti.
Vi ringraziamo per il vostro impegno e
la vostra de-dizione al malato e al bisognoso, qualunque sia il posto che
occupate nei centri del nostro Ordine.
Desideriamo
incoraggiarvi nella vostra missione. Sappiamo che il vostro lavoro non è sempre
facile per la secolarizzazione dominante in molti luoghi del nostro mondo, ma
non per questo consideriamo meno necessaria una presenza adeguata della
Chiesa, presenza che desideriamo incarnare, anche se non sempre ci riusciamo,
e nella quale ci sentiamo arricchiti e appoggiati da voi.
La nostra
fede ci dice che il mondo della salute ha più che mai bisogno della presenza
salvifica e liberatrice di Gesù di Nazareth.
Includendoci
nel messaggio che vistiamo rivolgendo, ci auguriamo di non stancarci mai nel
fare sì che questa presenza diventi realtà. La causa, per la quale ci siamo
impegnati, vale qualsiasi sforzo.
7.5. Ai Giovani
In questa
occasione desideriamo rivolgerci con un messaggio allargato a tutti i giovani.
Vi state aprendo alla vita. Sappiamo che in questa età non sempre si ha la
maturità necessaria per agire. Vi auguriamo di riuscire nella vita.
Il nostro
desiderio è che sappiate mantenere la capacità di essere utopistici, capacità
che le difficoltà della vita talvolta ci fanno perdere. Che sappiate lavorare
per trasformare il mondo, affinché spariscano l’ingiustizia, la violenza, la
povertà, la fame.
Vorremmo
che arrivaste a scoprire quanto sia importante nella vita sapersi donare agli
altri. Vorremmo che scopriste la figura di San Giovanni di Dio.
Vi
invitiamo a venire nelle nostre opere e a conoscerle e a condividere le nostre
speranze. Vi invitiamo a lasciarvi interpellare da Dio nell’orientamento della
vostra vita. Desideriamo il meglio per il vostro futuro.
7.6. Alle Istituzioni pubbliche
L’Ordine
Ospedaliero di San Giovanni di Dio - Fatebenefratelli, oggi si trova ad
operare in 47 paesi diversi, alcuni dei quali completamente organizzati in
quanto a servizi sociali, altri appena all’inizio in questo faticoso compito.
Vorremmo
che a ciascuno dei responsabili della Salute e dei Servizi Sociali di questi
paesi giungesse questo messaggio che inviamo a motivo della commemorazione
della canonizzazione del nostro Fondatore.
Come San
Giovanni di Dio ai suoi tempi in Granada, noi oggi desideriamo continuare
l’opera iniziata. Per questo chiediamo la vostra collaborazione, chiediamo la
vostra fiducia, chiediamo la razionalizzazione dei servizi, nella quale siamo
disposti a collaborare.
Questo nostro
messaggio, nel suo piccolo, vuole essere di stimolo per voi. Come uomini
politici del vostro Paese siete responsabili dei servizi assistenziali dello
stesso. Sforzatevi, affinché il cittadino possa vivere con sempre maggiore
dignità e avvalersi nella malattia e nel bisogno di quei servizi e quei
trattamenti di cui necessita in questi momenti particolari.
Vi
esortiamo a fare della nostra società una vera “polis”.
7.7. Ai
Missionari
Il III
centenario della canonizzazione del nostro Fondatore è coinciso con il XXV
anniversario della pubblicazione del documento conciliare “Ad gentes” che
Giovanni Paolo II ha voluto commemorare con la “Redemptoris Missio”,
riflessione approfondita sull’evangelizzazione.
Il nostro
messaggio è diretto a voi, nostri Confratelli, impegnati nei paesi in via di
sviluppo e a voi, Collaboratori, Volontari e Religiose, che, in questi paesi,
rendete possibile la realizzazione di questo nostro compito così importante.
Apprezziamo molto la vostra dedizione. Non sappiamo, se, visitandovi,
siamo riusciti a esprimervi tutta la nostra gratitudine. Sappiamo quanto costi
stare lontani dalla famiglia, accettare l’isolamento e la solitudine, vivere
senza le soddisfazioni che offre la nostra società di oggi, lavorare con una
dedizione fisica che non conosce orario, essere sempre disponibili ad
affrontare l’imprevisto e ad affrontarlo subito, perché domani potrebbe essere
troppo tardi.
Vi siamo riconoscenti. Non dimenticate che, attraverso l’esercizio della
carità, il nostro primo scopo è essere segni di Gesù Cristo. Che Dio continui
a sorreggervi nel vostro apostolato.
7.8. Agli Istituti Religiosi che sono nati nella
Chiesa dall’Ordine di San Giovanni di Dio
Sono molti gli Istituti Religiosi nati dal nostro Ordine nel mondo. Li troviamo
in Canada, in Irlanda, in Germania, in Francia, in Spagna, in Messico e in
India.
Diversi sono i vincoli che ci legano a loro. Alcuni di essi sono stati
fondati direttamente da nostri Confratelli, altri da Confratelli che hanno
deciso di lasciare il nostro Ordine per dare loro vita. Altri ancora sono nati
per contatto o per ispirazione. A tutti vogliamo esprimere la nostra gioia di
poter condividere con loro il dono dell’ospitalità.
Assieme a molti di essi, in particolare in terra di missione, ci
dedichiamo alle stesse persone arrivando in taluni casi a lavorare fianco a
fianco negli stessi centri. Così come San Giovanni di Dio ha vegliato e continua
a vegliare sul nostro Ordine, siamo sicuri che vegli sui vostri Istituti.
In occasione di questo centenario è nostro desiderio
confermare la nostra disponibilità a qualsiasi tipo di collaborazione con voi.
7.9. A
quanti venerano San Giovanni di Dio come patrono
Non sappiamo, se siete al corrente della celebrazione di questo
centenario. Se non fosse così, è colpa nostra, perché non abbiamo saputo
informarvi con la dovuta prontezza.
Ciononostante desideriamo inviarvi questo messaggio.
Se avete scelto San Giovanni di Dio come patrono, è perché la vostra
istituzione, civile o religiosa, si è riconosciuta in un aspetto della sua
vita e ha voluto implorare sulla missione, che è chiamata a compiere nella società,
la sua protezione.
Vi invitiamo ad approfondire la conoscenza del nostro Santo. Nel
linguaggio moderno diremmo che si tratta di una figura polivalente, ricca di
tratti personali diretti per lo più al servizio altrui e pertanto utili a
stimolarci.
Vi invitiamo a mettere una dose di utopia nel vostro lavoro,
indipendentemente dalle difficoltà con cui la vita ci confronta. Giovanni di
Dio mise una dose massiccia di utopia nella sua opera. Proprio per questo
esercitò una così forte attenzione su chi venne in contatto con lui.
Vi esprimiamo il nostro più alto riconoscimento per quanto fate. Grazie per
averci ascoltato.
8.0. CONCLUSIONE
Noi membri del Definitorio Generale siamo pienamente consapevoli della
responsabilità di mantenere vivo nel mondo lo spirito dell’Ospitalità del
nostro Fondatore, attraverso il compito di animazione dell’Ordine.
Giovanni di Dio continua a vivere nel tempo. Continua a vivere nella
nostra memoria e nelle nostre tradizioni. Ma deve continuare a vivere anche
nelle nostre azioni e nei nostri atteggiamenti.
Abbiamo lavorato su questo messaggio con la speranza che ogni Confratello
dell’Ordine senta che è stato ideato e articolato per lui personalmente. Questa
non vuole essere soltanto una bella espressione di circostanza, ma è la
verità.
Viviamo il presente e il futuro, in modo che i nostri successori, allorché
celebreranno il IV Centenario della Canonizzazione del nostro Fondatore,
possano affermare con ancora più diritto di noi adesso che:
“San Giovanni di Dio continua a vivere nel tempo”.
SOMMARIO
tduzione
~ ..... pag. 7
~~toria storica dell’Ordine >~ 13
delle nostre risposte » 19
Costituzioni, ideale di vita » 25
utture e attività di animazione » 33
turo della presenza
‘Ordine Ospedaliero » 43
erzo centenario della canonizzazione di
Qiovannidi Dio ~> 51
Conclusione » 61