«Il Vangelo va preso senza calmanti»

Papa Francesco

   

«Il Papa è inritardo», mi dicono all’ingresso dell’Aula Paolo VI il 25 novembre 2016.Dentro, nel luogo in cui si svolgono i Sinodi, erano in attesa 140 SuperioriGenerali di Ordini e Congregazioni religiose maschili (Usg), riuniti alla finedella loro 88a Assemblea Generale. Fuori una leggera pioggia. «Andate e portatefrutto. La fecondità della profezia»: questo il tema dell’Assemblea che si èsvolta dal 23 al 25 novembre presso il «Salesianum» di Roma.

Non è comune che ilPontefice arrivi in ritardo. Alle 10,15 ecco arrivare i fotografi e quindi ilPapa a passo svelto. Dopo l’applauso di saluto, Francesco esordisce: «Scusateper il ritardo. La vita è così: piena di sorprese. Per capire le sorprese diDio bisogna capire le sorprese della vita. Grazie tante». E ha proseguitodicendo che non voleva che il suo ritardo influisse sul tempo fissato per stareinsieme. Per questo l’incontro è durato comunque tre ore piene.

A metà dell’incontrosi è avuta una pausa. Era stata preparata una saletta riservata per il Papa, malui ha esclamato: «Perché mi volete far stare tutto da solo?». E così la pausaha visto il Papa gioiosamente tra i Generali a prendere un caffè e unospuntino, salutando l’uno e l’altro.

Non vi è stato alcundiscorso preparato in anticipo né da parte dei religiosi né da parte del Papa.Le telecamere del Ctv hanno ripreso solamente i saluti iniziali e poi sonoandate via. L’incontro doveva essere libero e fraterno, fatto di domande erisposte non filtrate. Il Papa non ha voluto leggerle in anticipo. Dopo averricevuto un brevissimo saluto da parte di p. Mario Johri, ministro generale deiFrati Cappuccini e presidente dell’Usg, e di p. David Glenday, comboniano,segretario generale, il Papa ha ascoltato le domande dell’Assemblea.

E se ci fosserocritiche? «È bene essere criticato — afferma il Papa —, a me piace questo,sempre. La vita è fatta anche di incomprensioni e di tensioni. E quando sonocritiche che fanno crescere, le accetto, rispondo. Le domande più difficiliperò non le fanno i religiosi, ma i giovani. I giovani ti mettono indifficoltà, loro sì. I pranzi con i ragazzi nelle Giornate Mondiali dellaGioventù o in altre occasioni, queste situazioni mi mettono in difficoltà. Igiovani sono sfacciati e sinceri e loro ti chiedono le cose più difficili.Adesso fate le vostre domande». (Antonio Spadaro S.I.)

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Santo Padre, noiriconosciamo la sua capacità di parlare ai giovani e di infiammarli per lacausa del Vangelo. Noi sappiamo anche del suo impegno per avvicinare i giovanialla Chiesa; per questo ha convocato il prossimo Sinodo dei vescovi suigiovani, la fede e il discernimento vocazionale. Quali motivazioni l’hannospinta a convocare il Sinodo sui giovani? Quali suggerimenti ci offre perraggiungere i giovani oggi?

Alla fine del Sinodoscorso ogni partecipante ha dato tre suggerimenti sul tema da affrontare nelprossimo. Poi sono state consultate le Conferenze episcopali. Le convergenzesono andate su temi forti, quali gioventù, formazione sacerdotale, dialogointerreligioso e pace. Nel primo Consiglio post-sinodale è stata fatta unabella discussione. Io ero presente. Ci vado sempre, ma non parlo. Per meimportante è ascoltare davvero. È importante che io ascolti, ma lascio chesiano loro a lavorare liberamente. In questo modo capisco come emergono leproblematiche, quali sono le proposte e i nodi, e come si affrontano.

Hanno scelto igiovani. Ma alcuni sottolineavano l’importanza della formazione sacerdotale.Personalmente ho molto a cuore il tema del discernimento. L’horaccomandato più volte ai gesuiti: in Polonia e poi alla Congregazione Generale(1). Il discernimento accomuna la questione della formazione dei giovani allavita: di tutti i giovani, e in particolare, a maggior ragione, anche deiseminaristi e dei futuri pastori. Perché la formazione e l’accompagnamento alsacerdozio ha bisogno del discernimento.

Al momento è uno deiproblemi più grandi che abbiamo nella formazione sacerdotale. Nella formazionesiamo abituati alle formule, ai bianchi e ai neri, ma non ai grigi della vita.E ciò che conta è la vita, non le formule. Dobbiamo crescere nel discernimento.La logica del bianco e nero può portare all’astrazione casuistica. Invece ildiscernimento è andare avanti nel grigio della vita secondo la volontà di Dio.E la volontà di Dio si cerca secondo la vera dottrina del Vangelo e non nelfissismo di una dottrina astratta. Ragionando sulla formazione dei giovani esulla formazione dei seminaristi, ho deciso il tema finale così come è statocomunicato: «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale».

La Chiesa deveaccompagnare i giovani nel loro cammino verso la maturità, e solo con ildiscernimento e non con le astrazioni i giovani possono scoprire il loroprogetto di vita e vivere una vita davvero aperta a Dio e al mondo. Dunque hoscelto questo tema per introdurre il discernimento con maggior forza nella vitadella Chiesa. L’altro giorno abbiamo avuto la seconda riunione del Consigliopost-sinodale. Si è discusso abbastanza bene su questo argomento. Hannopreparato la prima bozza sui Lineamenta che si dovrà inviare subito alleConferenze episcopali. Hanno lavorato anche religiosi. È uscita una bozza benpreparata.

Questo comunque è ilpunto chiave: il discernimento, che è sempre dinamico, come la vita. Lecose statiche non vanno. Soprattutto con i giovani. Quando io ero giovane, lamoda era fare riunioni. Oggi le cose statiche come le riunioni non vanno bene.Si deve lavorare con i giovani facendo cose, lavorando, con le missionipopolari, il lavoro sociale, con l’andare ogni settimana a dar da mangiare aisenzatetto. I giovani trovano il Signore nell’azione. Poi, dopo l’azione sideve fare una riflessione. Ma la riflessione da sola non aiuta: sono idee… soloidee. Dunque due parole: ascolto e movimento. Questo è importante. Ma nonsolamente formare i giovani all’ascolto, bensì innanzitutto ascoltare loro, igiovani stessi. Questo è un primo compito importantissimo della Chiesa:l’ascolto dei giovani. E nella preparazione del Sinodo la presenza deireligiosi è davvero importante, perché i religiosi lavorano molto con igiovani.

Che cosa si aspettadalla vita religiosa nella preparazione del Sinodo? Quali speranze Lei haper il prossimo Sinodo sui giovani, alla luce della diminuzione delle forzedella vita religiosa in Occidente?

Certo, è vero che c’èuna diminuzione delle forze della vita religiosa in Occidente. Certamente ècollegata al problema demografico. Ma è anche vero che a volte la pastoralevocazionale non risponde alle attese dei giovani. Il prossimo Sinodo ci daràidee. La diminuzione della vita religiosa in Occidente mi preoccupa.

Ma mi preoccupa ancheun’altra cosa: il sorgere di alcuni nuovi Istituti religiosi che sollevanoalcune preoccupazioni. Non dico che non debbano esserci nuovi Istitutireligiosi! Assolutamente no. Ma in alcuni casi mi interrogo su che cosa stiaaccadendo oggi. Alcuni di essi sembrano una grande novità, sembrano esprimereuna grande forza apostolica, trascinano tanti e poi… falliscono. A volte siscopre persino che dietro c’erano cose scandalose… Ci sono piccole fondazioninuove che sono davvero buone e che fanno sul serio. Vedo che dietro questebuone fondazioni ci sono a volte anche gruppi di vescovi che accompagnano egarantiscono la loro crescita. Però ce ne sono altre che nascono non da uncarisma dello Spirito Santo, ma da un carisma umano, da una persona carismaticache attira per le sue doti umane di fascinazione. Alcune sono, potrei dire,«restaurazioniste»: esse sembrano dare sicurezza e invece danno solo rigidità.Quando mi dicono che c’è una Congregazione che attira tante vocazioni, loconfesso, io mi preoccupo. Lo Spirito non funziona con la logica del successoumano: ha un altro modo. Ma mi dicono: ci sono tanti giovani decisi a tutto,che pregano tanto, che sono fedelissimi. E io mi dico: «Benissimo: vedremo se èil Signore!».

Alcuni poi sonopelagiani: vogliono tornare all’ascesi, fanno penitenze, sembrano soldatipronti a tutto per la difesa della fede e di buoni costumi… e poi scoppia loscandalo del fondatore o della fondatrice… Noi sappiamo, vero? Lo stile di Gesùè un altro. Lo Spirito Santo ha fatto rumore il giorno della Pentecoste: eraall’inizio. Ma di solito non fa tanto rumore, porta la croce. Lo Spirito Santonon è trionfalista. Lo stile di Dio è la croce che si porta avanti fino a cheil Signore non dice «basta». Il trionfalismo non va bene d’accordo con la vitaconsacrata.

Dunque, non mettete lasperanza nel fiorire improvviso e massiccio di questi Istituti. Cercate invecel’umile cammino di Gesù, quello della testimonianza evangelica. Benedetto XVIce lo ha detto molto bene: la Chiesa non cresce per proselitismo, ma perattrazione.

Perché ha scelto tretematiche mariane per le prossime tre Giornate mondiali della gioventùche condurranno alle Giornate mondiali di Panama?

I temi mariani per leprossime tre Giornate mondiali non li ho scelti io! Dall’America Latina hannochiesto questo: una forte presenza mariana. È vero che l’America Latina è moltomariana, e a me è sembrata una cosa molto buona. Non ho avuto altre proposte, eio ero contento così. Ma la Madonna vera! Non la Madonna capo di unufficio postale che ogni giorno manda una lettera diversa, dicendo: «Figlimiei, fate questo e poi il giorno dopo fate quest’altro». No, non questa. LaMadonna vera è quella che genera Gesù nel nostro cuore, che è Madre. Questamoda della Madonna superstar, come una protagonista che mette se stessaal centro, non è cattolica.

Santo Padre, la suamissione nella Chiesa non è facile. Malgrado le sfide, le tensioni, leopposizioni, Lei ci offre la testimonianza di un uomo sereno, di un uomo dipace. Qual è la sorgente della sua serenità? Da dove viene questafiducia che la ispira e che può sostenere anche la nostra missione? Chiamati aessere guide religiose, cosa ci suggerisce per vivere con responsabilità e paceil nostro compito?

Qual è la sorgentedella mia serenità? No, non prendo pastiglie tranquillanti! Gli italiani dannoun bel consiglio: per vivere in pace ci vuole un sano menefreghismo. Io non hoproblemi nel dire che questa che sto vivendo è un’esperienza completamentenuova per me. A Buenos Aires ero più ansioso, lo ammetto. Mi sentivo più teso epreoccupato. Insomma: non ero come adesso. Ho avuto un’esperienza moltoparticolare di pace profonda dal momento che sono stato eletto. E non mi lasciapiù. Vivo in pace. Non so spiegare.

Per il conclave, midicono che nelle scommesse a Londra ero nel numero 42 o 46. Io non lo prevedevoaffatto. Ho pure lasciato l’omelia pronta per il Giovedì santo (2). Neigiornali si diceva che ero un king maker, ma non il Papa. Al momentodell’elezione io ho detto semplicemente: «Signore, andiamo avanti!». Hosentito pace, e quella pace non se n’è andata.

Nelle CongregazioniGenerali si parlava dei problemi del Vaticano, si parlava di riforme. Tutti levolevano. C’è corruzione in Vaticano. Ma io sono in pace. Se c’è un problema,io scrivo un biglietto a san Giuseppe e lo metto sotto una statuetta che ho incamera mia. È la statua di san Giuseppe che dorme. E ormai lui dorme sotto unmaterasso di biglietti! Per questo io dormo bene: è una grazia di Dio. Dormosempre sei ore. E prego. Prego a mio modo. Il breviario mi piace tanto e mai lolascio. La Messa tutti i giorni. Il rosario…. Quando prego, prendo sempre laBibbia. E la pace cresce. Non so se questo è il segreto… La mia pace è unregalo del Signore. Che non me la tolga!

Credo che ciascunodebba trovare la radice dell’elezione che il Signore ha fatto su di lui. Delresto, perdere la pace non aiuta affatto a soffrire. I superiori devonoimparare a soffrire, ma a soffrire come un papà. E anche a soffrire con moltaumiltà. Per questa strada si può andare dalla croce alla pace. Ma mai lavarsile mani dai problemi! Sì, nella Chiesa ci sono i Ponzio Pilato che se ne lavanole mani per stare tranquilli. Ma un superiore che se ne lava le mani non èpadre e non aiuta.

Santo Padre, nei suoiinterventi ci ha detto spesso che ciò che specifica la vita religiosa è laprofezia. Ci siamo confrontati a lungo su cosa significhi essere radicalinella profezia. Quali sono le «zone di sicurezza e di conforto» da cui siamochiamati a uscire? Lei ha parlato alle monache di una «ascesi profetica ecredibile». Come la intende in una prospettiva rinnovata di «cultura dellamisericordia»? Come può la vita consacrata contribuire a tale cultura?

Essere radicalinella profezia. A me questo importa tanto. Prenderò come «icona» Gioele 3.Mi viene spesso in mente, e so che viene da Dio. Dice: «Gli anziani avrannosogni e i giovani profetizzeranno». Questo versetto è un nocciolo dellaspiritualità delle generazioni. Essere radicali nella profezia è il famoso sineglossa, la regola sine glossa, il Vangelo sine glossa. Cioè:senza calmanti! Il Vangelo va preso senza calmanti. Così hanno fatto i nostrifondatori.

La radicalità dellaprofezia dobbiamo trovarla nei nostri fondatori. Loro ci ricordano che siamochiamati a uscire dalle nostre zone di conforto e sicurezza, da tutto quelloche è mondanità: nel modo di vivere, ma anche nel pensare strade nuove per inostri Istituti. Le strade nuove vanno cercate nel carisma fondazionale e nellaprofezia iniziale. Dobbiamo riconoscere personalmente e comunitariamente qual èla nostra mondanità.

Persino l’ascetica puòessere mondana. E invece deve essere profetica. Quando sono entratonel noviziato dei gesuiti, mi hanno dato il cilicio. Va bene anche il cilicio,ma attenzione: non deve aiutarmi a dimostrare quanto sono bravo e forte. Lavera ascesi deve farmi più libero. Credo che il digiuno sia una cosa checonservi attualità: ma come faccio il digiuno? Semplicemente non mangiando?Santa Teresina aveva anche un altro modo: mai diceva cosa le piaceva. Non silamentava e prendeva tutto quello che le davano. C’è un’ascesi quotidiana,piccola, che è una mortificazione costante. Mi viene in mente una frase disant’Ignazio che aiuta a essere più liberi e felici. Lui diceva che per seguireil Signore aiuta la mortificazione in tutte le cose possibili. Se ti aiuta unacosa, falla, anche il cilicio! Ma solamente se ti aiuta a essere più libero,non se ti serve per mostrare a te stesso che sei forte.

Cosa comporta lavita comunitaria? Qual è il ruolo di un superiore per custodire questaprofezia? Quale apporto possono dare i religiosi per contribuire alrinnovamento delle strutture e della mentalità della Chiesa?

La vita comunitaria?Alcuni santi l’hanno definita una continua penitenza. Ci sono comunità in cuila gente si spella e si spiuma! Se la misericordia non entra nella comunità,non va bene. Per i religiosi la capacità di perdono deve spesso iniziare nellacomunità. E questo è profetico. Si comincia sempre con l’ascolto: che tutti sisentano ascoltati. Ci vuole ascolto e persuasione anche da parte del superiore.Se il superiore rimprovera continuamente, non aiuta a creare la profeziaradicale della vita religiosa. Sono convinto che i religiosi siano in vantaggionel dare un contributo al rinnovamento delle strutture e della mentalità dellaChiesa.

Nei consiglipresbiterali delle diocesi i religiosi aiutano nel cammino. E non devono averepaura di dire le cose. Nelle strutture della Chiesa entra il clima mondano eprincipesco, e i religiosi possono contribuire a distruggere questo climanefasto. E non c’è bisogno di diventare cardinali per credersi prìncipi! Bastaessere clericali. Questo è quanto di peggio ci sia nell’organizzazione dellaChiesa. I religiosi possono contribuire con la testimonianza di una fratellanzapiù umile. I religiosi possono dare la testimonianza di un iceberg capovolto,dove la punta, cioè il vertice, il capo, è capovolta, sta in basso.

Santo Padre, noiabbiamo speranze che attraverso la sua guida si sviluppino migliori relazionitra vita consacrata e Chiese particolari. Che cosa ci suggerisce peresprimere in pienezza i nostri carismi nelle Chiese particolari e peraffrontare le difficoltà che a volte sorgono nei rapporti con i vescovi e ilclero diocesano? Come vede la realizzazione del dialogo della vita religiosacon i vescovi e la collaborazione con la Chiesa locale?

Da tempo si chiede dirivedere i criteri circa i rapporti tra i vescovi e i religiosi stabiliti nel1978 dalla Congregazione per i religiosi e dalla Congregazione per i vescovinel documento Mutuae relationes. Già nel Sinodo del 1994 ne se eraparlato. Quel documento risponde a un certo tempo e non è più così attuale. Iltempo è maturo per il cambiamento.

È importante che ireligiosi si sentano appieno dentro la Chiesa diocesana. Appieno. Avolte ci sono tante incomprensioni che non aiutano all’unità, e allora bisognadare un nome ai problemi. I religiosi devono essere nelle strutture di governodella Chiesa locale: consigli di amministrazione, consigli presbiterali… ABuenos Aires i religiosi eleggevano i loro rappresentanti nel consigliopresbiterale. Il lavoro va condiviso nelle strutture delle diocesi. I religiosidevono essere nelle strutture di governo della diocesi. Da isolati non ci siaiuta. In questo si deve crescere tanto. E così anche il vescovo è aiutato anon cadere nella tentazione di diventare un po’ principe…

Ma anche laspiritualità va diffusa e condivisa, e i religiosi sono portatori di forticorrenti spirituali. In alcune diocesi i sacerdoti del clero diocesano siriuniscono in gruppi di spiritualità francescana, carmelitana… Ma che lo stiledi vita possa essere condiviso: alcuni preti diocesani si chiedono perché nonpossano vivere insieme per non essere soli, perché non possano vivere una vitapiù comunitaria. Il desiderio viene, ad esempio, quando si ha la buonatestimonianza di una parrocchia retta da una comunità di religiosi. Dunque, c’èun livello di collaborazione radicale, perché spirituale, di anima. E starevicini spiritualmente in diocesi tra il clero e i religiosi aiuta a risolverele possibili incomprensioni. Si possono studiare e ripensare tante cose. Traqueste anche la durata del servizio come parroco, che mi sembra breve e sicambiano i parroci troppo facilmente.

Non nascondo che poici sono tanti altri problemi a un terzo livello, legato alla gestioneeconomica. I problemi vengono quando si toccano le tasche! Penso alla questionedell’alienazione dei beni. Con i beni dobbiamo essere molto delicati. Lapovertà è midollare nella vita della Chiesa. Sia quando la si osserva, siaquando non la si osserva. Le conseguenze sono sempre forti.

Santo Padre, come laChiesa anche la vita religiosa è impegnata ad affrontare le situazioni di abusisessuali sui minori e di abusi finanziari con trasparenza edeterminazione. Tutto ciò è una contro-testimonianza, suscita scandali e haanche ripercussioni sulla proposta vocazionale e sull’aiuto dei benefattori. Qualimisure ci suggerisce per prevenire tali scandali nelle nostre Congregazioni?

Forse non c’è il tempoper una risposta molto articolata e faccio affidamento alla vostra sapienza.Fatemi dire però che il Signore vuole tanto che i religiosi siano poveri. Quandonon lo sono, il Signore manda un economo che porta l’Istituto in fallimento! Avolte Congregazioni religiose sono accompagnate da un amministratore ritenuto«amico» e che poi le fa fallire. Comunque, criterio fondamentale per un economoè quello di non essere personalmente attaccato ai soldi. Una volta accadde cheuna suora economa svenne e una consorella disse a chi la soccorreva: «Passatelesotto il naso una banconota e certamente si riprenderà!». C’è da ridere, maanche da riflettere. Importante poi verificare come le banche investono isoldi. Non deve mai accadere che ci siano investimenti in armi, ad esempio.Mai.

Circa gli abusisessuali: pare che su 4 persone che abusano, 2 siano state abusate a lorovolta. Si semina l’abuso nel futuro: è devastante. Se sono coinvolti preti oreligiosi, è chiaro che è in azione la presenza del diavolo che rovina l’operadi Gesù tramite colui che doveva annunciare Gesù. Ma parliamoci chiaro: questaè una malattia. Se non siamo convinti che questa è una malattia, non si potràrisolvere bene il problema. Quindi, attenzione a ricevere in formazionecandidati alla vita religiosa senza accertarsi bene della loro adeguatamaturità affettiva. Per esempio: mai ricevere nella vita religiosa o in unadiocesi candidati che sono stati respinti da un altro seminario o da un altroIstituto senza chiedere informazioni molto chiare e dettagliate sullemotivazioni dell’allontanamento.

Santo Padre, la vitareligiosa non è in funzione di se stessa, ma della sua missione nel mondo. Leici ha invitato ad essere una Chiesa in uscita. Dal suo punto diosservazione, la vita religiosa nelle diverse parti del modo sta operandoquesta conversione?

La Chiesa è nata inuscita. Era chiusa nel Cenacolo e poi è uscita. E deve rimanere in uscita. Nondeve tornare a chiudersi nel Cenacolo. Gesù ha voluto che fosse così. E «fuori»significa quelle che io chiamo periferie, esistenziali e sociali. I poveriesistenziali e i poveri sociali spingono la Chiesa fuori di sé. Pensiamo a unaforma di povertà, quella legata al problema dei migranti e dei rifugiati: piùimportante degli accordi internazionali è la vita di quelle persone! E proprionel servizio della carità è pure possibile trovare un ottimo terreno per ildialogo ecumenico: sono i poveri che uniscono i cristiani divisi! Queste sonotutte sfide aperte per i religiosi di una Chiesa in uscita. L’Evangeliigaudium vuole comunicare questa necessità: uscire. Vorrei che sitornasse a quella Esortazione apostolica con la riflessione e la preghiera.Essa è maturata alla luce dell’Evangelii nuntiandi e del lavoro fatto adAparecida, contiene un’ampia riflessione ecclesiale. E infine ricordiamolosempre: la misericordia è Dio in uscita. E Dio è sempre misericordioso. Anchevoi uscite!

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Alle 13,00 circa l’incontrosi è concluso con alcune parole di ringraziamento e un lungo applauso. Il Papa,già in piedi, prima di lasciare l’Aula, ha salutato tutti con queste parole:«Andate avanti con coraggio e senza paura di sbagliare! Quello che non sbagliamai è quello che non fa nulla. Dobbiamo andare avanti! Sbaglieremo, a volte,sì, ma c’è sempre la misericordia di Dio dalla nostra parte!». Prima di uscire,Francesco ha voluto salutare ancora una volta tutti i presenti, uno ad uno.

(1).     Entrambi i testi sono stati pubblicati dalla nostra rivista: Papa Francesco,«“Oggi la Chiesa ha bisogno di crescere nel discernimento”. Un incontro privatocon alcuni gesuiti polacchi», in Civ. Catt. 2016 IV 345-349; Id.,«“Avere coraggio e audacia profetica”. Dialogo di Papa Francesco con i gesuitiriuniti nella 36a Congregazione Generale», ivi, 417-431.

(2).     L’omelia si trova in Papa Francesco, Nei tuoi occhi è la mia parola. Omeliee discorsi di Buenos Aires 1999-2013, Milano, Rizzoli, 2016, 952-954.



 

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